Regia di Daniele Costantini vedi scheda film
I sedici anni (1975-1991) fra i peggiori della storia d’Italia, quelli migliori per la banda della Magliana, che controllò per tutto il lasso di tempo il traffico di stupefacenti, i sequestri di persona, le scommesse sportive e, in generale, tutte le attività della città di Roma. Questi, I fatti della banda della Magliana, raccontati dal regista, Daniele Costantini.
L’intreccio con il reality-political di quegli anni non manca, sebbene, appena accennato: dai rapporti con il Clan dei Marsigliesi, l’incontro con Flaminio Piccoli durante il sequestro di Aldo Moro, all’attentato al vicepresidente del Banco Ambrosiano.
Basato sull’opera teatrale “Chiacchiere e sangue” (2000) dello stesso Costantini, di questo mantiene la struttura narrativa: il fulcro del racconto è il monologo-confessione di uno dei boss della banda, ora pentito, coadiuvato dai fantasmi dei compagni (alcuni morti, altri latitanti), che occupano il palcoscenico insieme a lui davanti al giudice (un brevissimo, seppur efficace, cameo di Leo Gullotta).
Si tratta di un lavoro senza infamia né lode, che però risente troppo del forte legame con il teatro, risultando a tratti troppo statico, quindi peccando anche di una certa lungaggine, perciò a tratti poco convincente nell’uso dei personaggi di contorno. Tuttavia, a Costantini bisogna riconoscergli la modalità di realizzazione: non solo l’utilizzo della ricostruzione degli atti della Procura di Roma, ma girato nel carcere romano di Rebibbia e interpretato in parte non da attori professionisti, bensì da quattro veri detenuti. Manca qualcosa, che non è poi così uguale alla punta di uno spillo: l’omicidio Pecorelli, oltre che le figure femminili che nella banda hanno avuto un ruolo non indifferente. Per tutta la durata del film il pericolo resta sempre in agguato: la possibilità che i protagonisti-killer diventino ‘simpatiche canaglie’, dato l’uso di un certo romanesco “cazzettaro” fino all’eccesso. Ben altra cosa rispetto ai “ragazzi di vita” a cui qualcuno vuol rapportare i protagonisti del film di Costantini.
I fatti della banda della Magliana dovrebbe passare in tv in prima serata, più che al cinema. Ne guadagnerebbero tutti, attori e spettatori, in visibilità, anche con un certo ritorno economico.
Resta interessante l’aver affidato alla macchina da presa, al cinema, che qui assurge in qualità di giudice, la lunga confessione dei protagonisti. Ragione per la quale recarsi in sala è motivo di sicurezza per un film che altrimenti in tv diventerebbe altro da I fatti della banda della Magliana, visti i colpi di macete della censura.
Giancarlo Visitilli
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