Regia di Éléonore Faucher vedi scheda film
Il cinema francese ha due paesaggi principali in cui incorporare le proprie storie: la provincia profonda e Parigi. Naturalmente, oltre a questi due sfondi ce ne sono altri, ma meno di quanto si possa credere. L’orizzonte impone, scandisce, seziona il ritmo, la qualità, la porosità degli eventi e di quello che può accadere/non accadere ai personaggi. La prevedibilità è a portata di set e di macchina da presa, quando non scatta un’intuizione, un’ossessione, una grammatica non ordinaria della fantasia. La lentezza, lo sguardo da falso documentario, la trama spiegazzata, un’interpretazione da attrici prese nella banlieu o nel bistrò, messe davanti a recitazioni più stilizzate generano facilmente più fastidio che stile. L’irruente e combattuta diciassettenne Claire (Neymark) si allontana da casa, lavora come cassiera in un supermercato, rimane incinta, si finge malata e trova, alla fine, quiete, conforto, amicizia e calore umano intorno al tavolo di fantasiosi e fastosi ricami in casa della signora Melikian (Ascaride) che ha perduto da poco un figlio. Il film titilla metafore e malesseri universali e abbraccia la noia.
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