Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film
Il noir con il quale Gabriele Salvatores si allontana (non è una fuga o un marcare le distanze) dal suo film precedente Io non ho paura, opera importante, bella e di successo, è imbevuto di cinema. Nelle sue vene scorrono i classici, le battute-sintomo (quella del titolo arriva da Ultimo tango a Parigi), le immagini-archetipo (M, il mostro di Düsseldorf), le locandine e i manifesti (tra gli altri quelli di Jules e Jim). Non è una cinefilia superficiale, un ammiccamento sofisticato. Il cinema dice a suo modo la verità su chi lo ha girato e sulla vita di Ada (Zanella), sorella suicida di Giorgia (la Baraldi è una felice scelta di cast), un’investigatrice privata di Bologna abituata a indagare su mogli e mariti infedeli. Giorgia non ama il cinema e per questo motivo, non scoprirà, forse, che cosa sia accaduto alla sorella sedici anni prima in un appartamento romano. Su quei giorni infelici, sulla frustrazione di non riuscire a fare l’attrice, sulle confusioni di chi è fuori di testa, sull’incontro con un amante malato di cinema resta una scatola di videocassette in cui Ada si confessa, si esibisce e si compiange. La sceneggiatura, i dialoghi, i profili di alcuni personaggi sono meno calibrati di una buona regia, avvolgente, sospesa, pronta a prendere d’assedio i personaggi femminili e un altro uomo sfinito dal mestiere di padre (Burruano).
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