Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film
Scuro, nero, labirintico e psichedelico. Si vede fin dall'inizio "amatoriale" che l'ultimo film di Salvatores conferma uno stile sempre in ricerca di espressività e una voglia di fare genere, che è poi la cosa pù importante del suo cinema. Apprezzabile tutto, dal parco attori (forte la Baraldi vera e propria outsider, e il sempre bravo Elio Germano che scalza chiunque gli si avvicini), al montaggio, alla fotografia, alla sceneggiatura, fino alla colonna sonora davvero azzeccata. Plauso a parte per la sorella maledetta della Baraldi (Claudia Zanella), presenza inquietante che si muove in video inquietanti che sanno molto di horror (e diverse sono le sequenze argentiane che strizzano l'occhio proprio al genere horror).
Anche se tratta da un romanzo, la storia di "Quo Vadis, Baby?" si presta al cinema come il sugo sulla pasta. Sembra fatta apposta per indagare i labirinti interiori attraverso un linguaggio visivo appunto labirintico, fatti più di ombre che di luci rischiaranti che chiarificano tutto. L'indagine della Baraldi è un'indagine vuota, realisticamente parlando, infatti non c'è nessun mistero (e forse lo sa o lo intuisce). Eppure indaga, approfondisce, vuole capire fino in fondo. Come il cinema, che indaga, penetra il muro che divide la vita-che-si-vede dalla vita-che-non-si-vede, per proiettare poi fuori di noi tutto ciò che ha trovato. E il risultato di questa terapeutica indagine espressiva, qual'é? Un televisore acceso in una casa vuota, senza spettatori. Forse è proprio questo il segreto del cinema: una finestra-schermo aperta su di noi e su l'altro, ma che non vediamo subito, se non attraverso il filtro della finzione. E Salvatores, da unico maestro del genere italiano(a parte Argento per il "suo" genere"), era l'unico che potesse fare questo tipo di film, e confermare allo stesso tempo la sua sensibilità per un cinema vero, lontano dagli schemi tipici e limitati del cinema italiano.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta