Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film
Brutto film notturno di un Salvatores minore, lontano anni luce dal sole che illumina le nefandezze umane di "Io non Ho paura", immerso stavolta in un'oscurità il più delle volte pasticciata dalla quale spuntano solo volti di attori in difficoltà. La protagonista è una matura Marlowe in "gonnella", maschiaccio e volgare sopra le righe, più impegnata a far fiorire sullo stanco viso le tribolazioni dell'animo tormentato da un passato oscuro, che a fornire una prova sufficientemente matura d'attrice. Diventa così uno stereotipo di mille e non più mille Private Eye che hanno calcato lo schermo in un secolo di sogni. La di lei sorella morta suicida sedici anni prima, il passato che ritorna sotto forma di videocassette in cui la trapassata ripassa, senza colpo ferire peraltro, i retroscena scabrosi della sua vita. Il di loro padre investigatore e datore di lavoro, "Capitano", ha un segreto e questo lo si capisce in cinque minuti. L'amante intellettuale, insegnante di cinema, brizzolato e spettinato a dovere, si prodiga in arti amatorie falsamente disinteressate e questo lo si intende in tre minuti. Questo è quanto. Il resto del film è un intreccio di momenti vuoti, oscuri, portici Felsinei malati e umidi, silenzi che dovrebbero significare, alludere, poetare, crendo quel connubio anima-oscurità-mistero-introspezione che dovrebbe amalgamere la storia ma che fallisce clamorosamente la sua funzione in bagni di manierismo meccanico e presuntuoso. Salvatores oggi basta a sè stesso, rispolvera inquadrature ruffiane e ammiccanti, cerca di compensare con la tecnica le debolezze generali del progetto, smarrito nel labirintico rincorrersi del Film all'interno del Film che si risolve seguendo tracce di Film famosi, cerca il brillìo di riflesso di capolavori (Jules & Jim; Ultimo tango a Parigi; M: il mostro di Dusseldorf) come guida per arrivare alla fine, a casa, prima che faccia notte. Uniamo a tutto questo uno script piatto e poco ispirato, calcato nei toni e ingollato a fatica dalla Angela Baraldi/Giulia che la trasforma involontariamente in una macchietta e a coronamento del finale, non consolatorio, un espediente tecnico ormai abusato: I protagonisti ripresi a loro insaputa da una telecamera nella quale riversano la soluzione a sbrigativo assolvimento dell'obbligo filmico, usufrutto di chi il giorno dopo deve andare a lavorare e ha bisogno di essere a letto presto.
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