Regia di Stephen Chow vedi scheda film
Un film a cui l'assenza di una vera trama consente di librarsi nella dimensione della spettacolarità pura: più che una parodia del mito del del Kung Fu e delle sue prodezze, "Kung Fusion" è una melodia di effetti speciali, una lotta coreografica dal ritmo frenetico e dissonante, con la stessa elastica, acrobatica, metamorfica fluidità di un cartone animato. Quest'opera è un tripudio, volutamente ingenuo, della magia del cinema orientale, che, finalmente libera dal vincolo della verosimiglianza, si abbandona serenamente al gusto dell'esagerazione e del paradosso, nonché dell'ironia autodissacrante. L'elemento fantastico scende dall'empireo della leggenda per vestire - tra personaggi assai sopra le righe - i chiassosi panni dell'assurdo. In questo modo il kitsch diviene uno stile artistico: in esso si condensa l'eccentrica reazione della realtà che si ribella alla sudditanza al mondo delle favole, convertendo i suoi eroi in freaks, ed i loro voli in buffi capitomboli. I tradizionali clichè del genere sono travolti dall'effetto straniante del contrario e dell'anomalia, che irrompono nello scenario in maniera improvvisa ed incoerente, come seguendo un filo di associazioni mentali folli e vertiginose. Da idea nasce idea, ma la materia del pensiero è malleabile come la gomma ed impalpabile come uno spettro, tanto da ridurre ogni immagine a un miraggio temporaneo. Trasparente è anche il tempo, che ammette sovrapposizioni tra passato e presente, compresenza di percezioni e ricordi, eliminando alla radice il problema della distinzione tra verità e fantasia. Stephen Chow ci regala un sogno dal potere ipnotico, una girandola che ci incanta con la sua furibonda farneticazione, mentre ci prospetta lo scenario di un mondo non impossibile, ma semplicemente un po' più spinto di quello in cui viviamo.
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