Regia di Stephen Chow vedi scheda film
Oltre alle magliette, i rasoi elettrici, le chiavi inglesi e presto le moto e le auto, i cinesi ci servono pataccate di film Cappa e Spada misto Jim Carrey con spruzzate di Kubrik e Tarantino, che ormai ricorre in qualsiasi film d'azione, il tutto cotto alla Matrixiana. Come pataccata è fatta bene, Chow dimostra di sapere girare e di avere le idee chiare nel cinema che vuole proporre ma l'estetica dei film di Kung Fu ai quali fa riferimento è già di per sè estrema e l'estremizzazione ulteriore del genere rende il tutto stucchevole. UN buon primo tempo, con un paio di gag riuscite, non da strapparsi i capelli comunque, e almeno un combattimento veramente ispirato in cui due Killer musicisti accordano lo strumento le cui note, come lame silenziose, affettano chiunque ne capiti a tiro, non bastano a sollevare le sorti di un film fracassone e assolutamente noioso nei lunghi e rivisti e risaputi combattimenti della seconda parte. Il tutto mortificato da un doppiaggio nazional popolare indegno che smorza ancor i più, se possibile, i leggeri toni ironici che l'autore si proponeva di ottenere. Le facce ci sono, sono simpatiche e azzeccate nelle caratterizzazioni, la storia della gang di mafiosi stile demenzial-Jakuza che non riesce ad avere la meglio di un quartiere di straccioni che le suonano a tutti di santa ragione, ricorda tanto i mitici film di Terence Hill e Bud Spencer, ma non regge fino alla fine. La poesia fa da collante tra il flash back e l'azione tramite un leccalecca, simbolo dell'innocenza e della purezza di un cuore bambino mentre un'arma mortale si trasforma in margherita e vola leggera ricorando Forrest Gump. Contaminazione quindi, totale, voluta e anche riuscita in alcune parti, ripensandoci dopo ma al cinema un po' ci si annoia. E poi a me, se proprio devo dirla tutta, i cinesi non mi hanno mai fatto ridere.
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