Regia di Geoffrey Sax vedi scheda film
Non vogliamo entrare nel merito tecnico-scientifico di ciò che White Noise promuove, ovvero l’EVP (Electronic Voice Phenomenon), registrazione di immagini e suoni dei morti. Il povero architetto protagonista vuole solo sentire e vedere la moglie defunta, ma incappa in altri trapassati, e più incavolati, alla ricerca d’aiuto. Basta così, per non rovinare le sorprese. Che sono, diciamola tutta, inesistenti, compresi la soluzione e il finale al cimitero, che più scemi non si può (preghiamo chiunque capisca cosa vogliano dire di mettersi in contatto con noi, anche attraverso l’EVP). White Noise potrebbe mettere qualche brivido a chi ha cominciato a frequentare i cinema e a vedere horror un mese fa. Gli altri non possono che annoiarsi di fronte a una vicenda trita, a spaventi precotti, a trucchetti visivo-sonori rancidi. Michael Keaton è abbastanza lesso anche se tiene ancora la scena, ma Deborah Kara Unger è veramente lessa. La confezione da blockbuster tenta di ingannare sulla vera essenza, prodotto in lattina da 50 centesimi, tipo cannellini o fagiolini. Per parlare coi morti, meglio una normalissima tavoletta ouija: lo possiamo fare anche noi in soggiorno, senza spendere in macchinari patacche.
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