Regia di Mario Soldati vedi scheda film
E' un film drammatico di buona tenuta, che non ha momenti di stanca. Mario Soldati è uno di quei registi che sono una garanzia, o quasi.
Non è un film neorealista, ma del neorealismo ha più di qualcosa. Innanzitutto la rappresentazione della precarietà e della povertà, come pure del disordine che regnava nella società italiana del dopoguerra. Poi bisogna metterci anche il pessimismo sulle persone, ben noto anche dai film di De Sica. Infatti i personaggi sono per la maggioranza ambigui, torbidi, imprevedibili. Il protagonista, invece, gerarca fascista in fuga dopo la liberazione, è del tutto negativo. E' interessante però osservare come egli riveli a poco a poco la sua personalità cattiva. All'inizio sembra quasi un perseguitato per collusioni col fascismo, però più formali che sostanziali, ma poi si scopre sempre più essere un uomo falso e privo di scrupoli. Inoltre, non è pentito, e ha gli stessi modi di fare odiosi di quando deteneva il potere, benché spesso cerchi di nasconderli con una falsa bontà. Dall'altro lato, l'unico personaggio positivo è l'operaio interpretato (bene) da Pietro Germi: giovane, magro e barbuto com'è io inizialmente l'ho riconosciuto solo dalla voce. Germi rimane per me un personaggio interessante, sia come attore che come regista: era dotato di una personalità che colpisce, oltre che di talento, ed è difficilmente inquadrabile. Anche in questo film si esibisce brevemente in una delle sue frequenti cantate in osteria, numero che doveva essergli caro.
Forse non è un film gradevole, per l'aria di sospetto, di tradimento e di vendetta che vi si respira, ma è indiscutibilmente ben girato. Anche l'ambientazione sulle nevi d'alta quota è suggestiva.
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