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L'uomo che mente

Regia di Alain Robbe-Grillet vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'uomo che mente

di zombi
8 stelle

uno di quei film per me sperimentali che di solito mi irriterebbero, ma in questo caso, sono riuscito(o il film è riuscito a...)a farmi coinvolgere di mano in mano che avanzava la strana e convulsa narrazione. un uomo giunge negli stessi luoghi in cecoslovacchia dove anni prima visse la resistenza ai nazisti durante la seconda guerra mondiale. dopo un incipit in cui l'oggi e ieri si mescolano senza apparentemente divergere se non nell'abbigliamento e nei rumori, il protagonista ci si presenta come boris varissa e, ci spiega, vuole raccontarci la sua storia o per lo meno, tentare di farlo. la narrazione continuamente spezzettata e frammentata dal montaggio, è ulteriormente complicata dalla motivazione meta-filmica del protagonista che ci usa letteralmente come banco di prova per una recita, ma anche come seduta psicologica. in più il regista confonde maggiormente le acque con tutte le dissonanze possibili tra immagini e suoni aggiunti in banda sonora per spaesare e riuscire a rendere ancora meglio la follia generalizzata del periodo raccontato/ricordato, ma anche la follia intima di un uomo che tenta e ritenta di d(i)are una verità che stenta ad emergere. boris varissa s'insinua letteralmente in quel paesino come una tarma nel legno. nessuno lo conosce, o lo riconosce, o finge di... e lui insiste a voler dare la verità su jean robin abitante del paese ed eroe della resistenza che non si sa che fine abbia fatto. conosce la moglie laura(z. kocurikova), la sorella sylvia(s. turbova), la cameriera maria(s. breal), il padre(j. cierny) e il tutto fare(j. kroner)ed entra in quella casa seducendo prima la cameriera e poi la sorella ogni volta raccontando una storia diversa ad ognuno minando di volta in volta la fama di jean robin. in quella che sembra una casa di fantasmi(boris dice della moglie laura che è un fantasma di carne)risvegliati dal suo arrivo e dal suo millantare notizie sul figlio/fratello/marito, boris non fa altro che mescolare ancora di più le carte e confondere, tanto da diventare crudele e spietato pur di ottenere le grazie dell'algida moglie che ancora non gli si è concessa e diventare il padrone della casa dopo la morte del padre. film politico che proprio nel suo essere pienamente sessantottino, rievoca il passato recente in modo ambiguo, relegando i nazisti quasi ad ombre nel paesaggio ed eleggendo i partigiani a figure ambigue dalle molteplici facce ed interpretazioni. location minime che grazie anche e solo(per esempio) alle tipiche ragnatele alle finestre delle case abbandonate rende perfettamente l'incontro/scontro spazio-temporale di ieri che tenta di entrare nell'oggi, ma tutto pare ancora troppo vicino per poterne dare una risoluzione compiuta e precisa. difatti, boris varissa tenta per l'ennesima volta di raccontarci una storia, ma il film termina e lui come un fantasma si ritrova a vagare per quei boschi. eccellenti gli attori, a partire da uno strepitoso trintignant completamente a suo agio in questo genere di film e di recitazione. il suo viso poi ben si presta all'ambiguità. parterre d'attrici di lusso e alcune scene saffiche che fanno tanto cinema seventies che verrà. 

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