Regia di Alan Parker vedi scheda film
Il terreno in cui cresce questa storia è un realismo putrido, che sa di muffa e stracci vecchi, attraverso i quali trapela l'acre sentore della carne sanguinante. L'avventura carceraria di Bill Hayes è come una collosa aria di palude che si appiccica alla pelle, occludendo ogni via di sfogo, fino ad intossicare l'anima. Il suo percorso è un progressivo affondare nel marciume, che culmina nell'oblio di sé e della propria dignità. La prigione di Istanbul è un mondo buio e sotterraneo, in cui la vita puzza e la luce è moribonda, come in una fogna o in un cunicolo catacombale. La fotografia è lattiginosa e come annacquata, per far sì che dell'orrore emerga solo il senso di sporcizia umida e stagnante, evitando ogni punta espressionistica ed ogni coloritura pittorica. E' pur vero che la sceneggiatura soffre un po' di eccessi, sia retorici, sia caricaturali, che sottintendono tesi politiche e visioni culturali smaccatamente soggettive, e del tutto inutili ai fini del racconto. Eppure "Fuga di mezzanotte" finisce per sedurci con l'insistenza dello sguardo, che perdura fisso oltre il limite del sopportabile, costringendoci a credere che tutto ciò sia vero, poiché solo la realtà osa imporsi con tanta irriducibile indecenza.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta