Regia di Umberto Lenzi vedi scheda film
C’è una cornice, quella storica, della società italiana della metà degli anni settanta, con la sua violenza extraparlamentare e malavitosa e a volte tutte e due messe insieme. Una cornice che probabilmente Dardano Sacchetti (sceneggiatore insieme a Lenzi) ha fabbricato rifacendosi a molti dei fatti di sangue dell’epoca. Mi ricordo che DS suggeriva di scrivere una sceneggiatura in questo modo, partendo da ritagli di giornale, da notizie e poi costruendoci una trama sopra. C’è un’altra cornice, quella cinematografica e di genere. All’interno della quale L’uomo della strada fa giustizia assume più valore rispetto ad una lettura politica o morale. Certo, ci sono alcuni temi importanti che vengono toccati, come quello della giustizia, cioè cosa fare quando la legge è impotente o se sia lecito trasformarsi in una sorta di giustiziere solitario per ottenere una vendetta personale (o di far parte di ronde neofasciste in stile ku-klux-klan, per una collettiva) ma francamente tutto questo perde importanza rispetto al buon ritmo della pellicola, la salda regia di Lenzi, l’ottima musica di Nicolai, le sequenze, gli inseguenti, gli ambienti della malavita, quel senso di freddo, di paura, di malessere che trapela dalle immagini. Il film sembra essere più un’attacco alla polizia e alla sua inefficienza che ai delinquenti che dopo tutto svolgono il loro lavoro, cioè delinquere. Henry Silva non si tira indietro davanti a nulla e a nessuno, con il suo faccione da duro, il mascellone quadrato e il suo paltò color cammello, soprattuto quando ha qualcosa da dire e lo fa direttamente e con brutale schiettezza. Che il dolore per la perdita di sua figlia diventi il motore di una lotta personale è secondario, quello che conta è il meccanismo filmico che funziona, su un piano puramente cinematografico di genere. Non si va oltre la morale per vedere cosa ci sia, si rimane nella sozzura della vita e delle persone, nel marcio dell’animo umano, nello squallore dell’esistenza. Che poi tu sia una guardia o un bravo cittadino, un ladro o un assassino non è che faccia tanta differenza. Quella miseria ci accomuna tutti quanti.
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