Regia di Don Siegel vedi scheda film
Un thriller levigato, costruito intorno a figure umane rotonde e plastiche, che la carcerazione non è riuscita ad appiattire. I protagonisti della storia, tra talento artistico ed ingegnosità artigiana, sono come fiori sulla roccia: le loro teste pensanti sono come corolle di crisantemi, recisi, però vitali e creativi. Per i detenuti di Alcatraz, a mantenere viva la volontà di immaginarsi fuori, è la loro capacità di estraniarsi mentalmente dal contesto desolato del penitenziario, unita all'impegno di guardare se stessi dal di fuori, specchiandosi, idealmente, in un ricordo o in una passione, o, concretamente, in un autoritratto, una foto, una testa di cartapesta. E' solo grazie ad un minuzioso controllo del proprio comportamento che il loro sogno può trasformarsi in progetto, e la loro calibrata determinazione strappare, uno ad uno, brandelli di realtà al dominio dell'impossibile. L'evasione di Frank Morris e dei fratelli Anglin è un'impresa millimetrica, che avanza con passi impercettibili, e sfrutta l'esiguo margine che distingue la verità dall'apparenza, oltre alle microscopiche zone lasciate scoperte dall'imperfetta attenzione altrui. La tensione qui non è scandita dal ritmo incalzante dei secondi, non è misurata in attimi di tempo, bensì in molecole di spazio, in distanze infinitesimali ed angoli strettissimi, che distinguono un foro da un passaggio, e separano un fascio di luce da un cono d'ombra. Uguale precisione è richiesta alla regia, che, difatti, aderisce allo sviluppo degli eventi senza salti né sbavature, ed in questo film è davvero l'unico, infallibile guardiano che non stacca mai gli occhi di dosso ai detenuti.
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