Regia di Don Siegel vedi scheda film
Ispirato ad un reportage scritto da J. Campbell Bruce nel 1963 sui fatti che sono alla base della sceneggiatura, "Fuga da Alcatraz" rinnova il genere del film carcerario in maniera creativa e originale, ponendosi come uno dei risultati più significativi della lunga carriera di Siegel, autore troppo spesso relegato nella serie B, ma capace di dirigere pellicole dal respiro potente. Il sottogenere di film su fughe dal penitenziario ha ispirato soprattutto in Europa veri capolavori della settima arte come "Un condannato a morte è fuggito" o "Il buco", mentre in America è stato fin troppo sfruttato spesso in maniera dozzinale, per opere di puro intrattenimento che non avevano le risonanze spirituali profonde dei film citati poc'anzi; Siegel ignora ugualmente i contenuti veicolati da Bresson legati al ruolo di Dio nella fuga del tenente Fontaine, ma per il resto costruisce un'opera ugualmente rigorosa e minimalista, basata su un microrealismo che trae la sua forza da tanti piccoli particolari in apparenza poco significativi, ma che sommandosi vanno a costruire un quadro ricco e vibrante. Alcuni episodi o personaggi potrebbero sembrare a prima vista stereotipati o "deja vu", ma è lecito condividere l'opinione di Morandini che sostiene che "Siegel riscatta gli stereotipi prosciugandoli con lo stile"; lo stile è di estrema fisicità, con un montaggio controllatissimo che realmente non spreca un'inquadratura, una sapiente gestione dell'illuminazione negli spazi angusti della prigione, scene action che in teoria dovrebbero risultare risapute ma che riescono magicamente a tenerti col fiato sospeso. Clint Eastwood centra il personaggio di Morris recitando per sottrazione e risulta credibile, anche se, per l'ennesima volta, propone un personaggio con poche sfumature psicologiche nella caratterizzazione, prestando il fianco alle critiche dei detrattori che lo considerano un attore incapace di recitare personaggi complessi alla De Niro, Pacino o Nicholson, tanto per citare qualcuno dei suoi più illustri colleghi attivi negli stessi anni. Fra i caratteristi, buone le prestazioni di Patrick McGoohan nella parte del sadico direttore di Alcatraz e di Larry Hankin nella parte del compagno di cella Charley Butts. Nella sua presa di posizione antispettacolare e spartana che omaggia Bresson pur su basi teoriche differenti, il film sarà di grande influenza sull'action degli anni immediatamente successivi e sarà adorato, per una volta con merito, dalla giovane critica alla sua presentazione alla mostra di Venezia nel 1979. A mio parere superiore al pur pregevole e riuscito "La notte brava del soldato Jonathan".
Voto 9/10
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