Regia di Ousmane Sembène vedi scheda film
In un villaggio del Burkina Faso, quattro bambine sfuggono alla salindé, mutilazione rituale dei genitali femminili. Chiedono protezione a Collé, che a suo tempo la ha subita e vuole evitarla alla figlia Amsatou, che per sposare Ibrahim dovrebbe “purificarsi”. Collé le accoglie in casa appellandosi al moolaadé, il sacro diritto d’asilo, non rispettando il quale si va incontro allo spirito della kalifa. Lo fa sfidando le donne che praticano l’escissione, gli uomini della comunità, il marito. Premiato a Cannes nella sezione Un certain regard 2004 e appoggiato dalla campagna di Amnesty International “Mai più violenza sulle donne”, Moolaadé, secondo episodio di una trilogia sull’eroismo in Africa oggi, è altamente simbolico (vedi Yeleen di Souleymane Cissé), naif e realistico insieme, segue il ritmo della cultura orale africana e dei suoi codici, per spingere il continente al cambiamento, indicato dall’immagine finale della moschea. Lo scrittore e regista senegalese Ousmane Sembene, premiato dalla giuria di Venezia nell’88 con quel durissimo Campo Thiaroye che denunciava i massacri francesi sui soldati senegalesi durante la Seconda guerra, educato alla scuola di cinema di Mosca, pratica un cinema politico, necessario e denuncia violenza, pedofilia, maschilismo.
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