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Moolaadé

Regia di Ousmane Sembène vedi scheda film

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La recensione su Moolaadé

di OGM
8 stelle

Moolaadé, nella cultura del Burkina Faso, è una protezione sacra che una padrona di casa può imporre sulle persone ospitate presso di lei. Nessuno può varcare la soglia senza la sua autorizzazione, pena il castigo divino. Questa è la più innocente forma di superstizione in un ambiente in cui, dietro le parole purificazione e salindana, si nascondono i due elementi di una realtà crudele: il rito delle mutilazioni genitali femminili, e le ciniche santone che sono incaricate di praticarla sulle bambine.  La bellezza dell’Africa, dei suoi colori, della sua natura incontaminata, splende in questo film di luce propria: Sembène dedica alla sua terra uno sguardo pittorico e poetico, che, nel gusto per le tinte vivaci e per le curiose geometrie degli oggetti, degli edifici e dei tessuti, conferisce allo scenario un tocco infantile, e quasi surreale. Questa fotografia così limpida e luminosa riflette, in superficie, l’immagine di ciò che l’Africa potrebbe essere anche nel profondo, se solo non si lasciasse accecare dall’osservanza di disumane tradizioni, quasi sempre rivolte contro la dignità e la stessa integrità fisica della donna. Collé Ardo è una madre che ha rifiutato di sottoporre la figlia Amatsou all’infibulazione, e per questo viene scelta, da un gruppo di ragazzine sfuggite alle salindana, come figura di riferimento, presso cui chiedere sostegno e rifugio. Il suo ruolo “sovversivo” all’interno di una società patriarcale, retta da norme primitive, ed inquadrate in una forma deviata di integralismo islamico, costerà caro a lei e a chi oserà difendere pubblicamente le sue posizioni. Tuttavia, la sua fermezza avrà l’effetto del sasso in mezzo alla corrente, che, facendo da spartiacque, introduce, nel flusso principale, l’insidiosa discontinuità del dubbio. Lei diventerà il punto di raccolta dei dolori, delle angosce, di tutti quelle inquietudini striscianti in grado di intaccare le certezze tramandate, imposte e subite, senza alcun motivo che le giustificasse. Collé lotta da dentro, ed è, almeno all’inizio, fondamentalmente sola: intanto la modernità chiama a gran voce da fuori, attraverso la radio, la televisione, e le testimonianze dirette di chi, avendo viaggiato, porta, nel piccolo villaggio, tra le capanne di fango ed i cortili sabbiosi, l’idea di un’umanità illuminata dalla ragione, che pensa anziché obbedire, e formula domande critiche anziché  esprimere giudizi dogmatici.  Imparare, guardare oltre, essere in grado di scorgere, al di là linea dell’orizzonte, qualcosa di più concreto e costruttivo di un miraggio di ricchezza, è la strada che Sembène, con le sue opere, non smette mai di indicare ai popoli del suo continente: anziché sognare, come una favola, il dorato mondo occidentale, quella Francia dove si stampano i soldi e le ragazze portano i capelli lunghi, occorre scoprire, in quel magnifico posto che è subito fuori dalla porta di casa, quanto sia facile, in fondo, affidarsi alla propria intelligenza e costruirsi, con le proprie mani, il bene semplice ed immenso della felicità.

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