Regia di João César Monteiro vedi scheda film
Silvestre è uno dei primi lavori di Monteiro - cineasta proveniente dalla critica e molto preparato - a oltrepassare i confini del Portogallo; arriverà infatti anche a Venezia, dove però non riceverà più di tanta attenzione. In effetti non sono ancora maturi i tempi migliori per il regista, che negli anni Novanta saprà distinguersi con un cinema iconoclasta, spietato, dotato di un feroce simbolismo e di un sarcasmo magistrale; eppure grandi doti estetiche sono già ravvisabili in questa pellicola sostanzialmente di impianto teatrale. A fare la differenza (nettamente percepibile) da un semplice 'teatro filmato' sono soprattutto fotografia (in particolare le luci; a cura di Acacio de Almeida) e montaggio (Teresa Caldas e Manuela Viegas), elementi nei quali comunque Monteiro mette sempre voce in capitolo. Due sono le star del cinema lusitano presenti in Silvestre; oltre alla protagonista, esordiente diciassettenne, Maria De Medeiros c'è - in una triplice parte - Luis Miguel Cintra, ancora non molto noto; in un ruolo emblematico (il Re del Portogallo) compare lo stesso regista, brevemente, nel finale. La storia di Silvestre - sceneggiatura, ovviamente, di Monteiro tanto per cambiare - può essere vista superficialmente come una specie di fiaba, ma nella quale non mancano spunti più o meno polemici contro le istituzioni (la famiglia, il regno come forma di patriarcato) e qualche momento particolarmente fosco: il pellegrino satiro, l'androgina figura della protagonista, il fascino morboso dell'adolescenza (che tornerà spesso nelle future opere del regista). 6/10.
Silvia sta per giungere alla maggiore età e viene data in sposa a un uomo brutto, ma facoltoso. Una notte un pellegrino entra in casa e violenta una sorella di Silvia, che taglia una mano all'uomo prima che questo scappi. Tempo dopo uno straniero si presenta a chiedere di sposare proprio Silvia, determinato a convincere anche il padre; ma allo straniero manca una mano.
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