Regia di Melvin Van Peebles vedi scheda film
Un assicuratore bianco razzista si sveglia un mattino e si scopre nero. A quel punto la vittima di scherzi, soprusi e vessazioni di ogni tipo diventa lui.
Da salvare c'è l'intento moralista della trama, talvolta sviscerato in maniera fin troppo didascalica ma a conti fatti senza dubbio efficace, e c'è anche la performance di Godfrey Cambridge, protagonista sopra le righe di una pellicola che rischia di continuo di rimanerci sotto, alle righe (di affondare nella banalità, nel risaputo, nella barzelletta). Il resto è discutibile, tutto, a partire - per citare una colpa che non appartiene all'opera originale - dal doppiaggio italiano, davvero mediocre, che sostituisce puntualmente i giochi di parole made in Usa, difficili a rendersi per il pubblico nostrano, con battutacce da caserma e gag verbali stantie. La regia di Melvin Van Peebles non è comunque esente da colpe, perennemente alla ricerca di effetti psichedelici (inquadrature sbilenche, stacchi di montaggio frenetici) che tradiscono l'età del lavoro e lo legano a doppio filo a quel preciso periodo storico-estetico; in ciò naturalmente le colpe vanno condivise con W. Wallace Kelley - fotografia - e con il montatore Carl Kress. Qualche intoppo nella narrazione, soprattutto nella seconda parte della storia, va segnalato; la sceneggiatura è di Herman Raucher. Sufficienti le altre interpretazioni, con la presenza in scena di, fra gli altri, Estelle Parsons, Howard Caine, Key E. Kuter e, nella particina della figlia di mister Gerber, Erin Moran, appena dieci anni e già un buon curriculum, soprattutto televisivo, alle spalle. Per Van Peebles trattasi dell'opera seconda; la sua carriera registica si focalizzerà sulle tematiche dell'integrazione e del razzismo. 4/10.
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