Regia di Konstantin Lopushansky vedi scheda film
Film della perestrojka gorbacioviana (è perfino superfluo notare come difficilmente un film del genere sarebbe potuto circolare nell'epoca di Breznev) o versione sovietica del Day After americano che dir si voglia, non vi è dubbio che Lettere d'un morto continui a far riflettere sulle sorti, probabilmente infauste, dell'umanità.
Frutto di un umanesimo discendente dall'adesione ad una sorta di credo in una anima mundi, che prendeva atto - senza accettarla - della divisione del mondo in due blocchi politici, vedendo quest'ultima quale verosimile premessa alla fine del genere umano quale è stato conosciuto fino ad oggi, il film di Lopushansky si inserisce nel solco dell'esperienza cinematografica tarkovskiana, soprattutto quella che va da Lo specchio e Stalker fino a Sacrificio.
In quanto epigono del maestro di Andrej Rubliov, e non possedendone il medesimo talento visionario, può infastidire il tono vagamente predicatorio di Lopushansky, ma non si può negare a Lettere d'un morto un certo fascino visionario e l'efficacia di una profezia calamitosa, in un periodo in cui la bomba atomica (vengono in mente certe vecchie canzoni di Guccini, come Noi non ci saremo o Il vecchio e il bambino) sembrava il pericolo più incombente sulle sorti dell'uomo della fine del ventesimo secolo.
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