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Fronte del porto

Regia di Elia Kazan vedi scheda film

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La recensione su Fronte del porto

di OGM
8 stelle

La potente vena realista di Elia Kazan, in questo film, si affastella nella fibra durissima di un dramma fatto di sentimenti stretti fra i denti  e gesti strappati ad una bestiale volontà di sopravvivere. La lotta di classe è messa in ombra da un feroce combattimento corpo a corpo, disputato sulla carne, e pagato col denaro e col sangue. I carichi delle navi gravano sulle spalle come la paura e la omertà pesano sulla coscienza, e tutti insieme schiacciano l’umanità dei lavoratori portuali fino a creare una inscindibile continuità tra sfruttamento e complicità coatta. La massa non è sinonimo di forza, bensì rappresenta la materia indistinta, impersonale e compressa a cui si riduce una moltitudine quando è soggiogata, appiattita nella passività indotta dalla stanchezza e dalla necessità. Quest’opera è la rappresentazione di una forma moderna di schiavitù, che determina, col ricatto, l’anima morale e politica di una parte del popolo. Ad infliggerla è una sorta di oligarchia economica, che accentra e gestisce le risorse determinando, da sola, l’organizzazione e la vita della società. La tirannia locale, segreta, eletta a sistema e sostenuta dalla connivenza, è la forma più resistente e micidiale di regime, perché esercita, nel suo circoscritto raggio d’azione, un controllo serrato a cui è praticamente impossibile sfuggire. La figura di Terry Malloy, ex-pugile rovinato per sempre da una partita truccata, porta dietro di sé la lunga ombra della battaglia persa in partenza, della voglia di battersi soffocata dall’avidità altrui; è il David che è già stato sconfitto una volta da Golia, e per questo crede che non ce la potrà più fare. Alla fine, solo la combinazione tra il rimorso, l’amore ed il dolore, sapranno ridare slancio alla sua fionda.

Fronte del porto è un esempio cristallino e gelido di prosa cinematografica: non una gemma grezza, bensì un diamante lavorato, tagliato con gli incisivi accenti della denuncia della verità. Un impietoso ritratto dell’oppressione, che lascia trasparire il soffio delle passioni umane, però lo lascia  imprigionato nella fredda consistenza del diamante.

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