Regia di Elia Kazan vedi scheda film
Un ambiente proletario. Il porto. Dei padroni che sfruttano i lavoratori. Il bisogno di un sindacato. Una morte. Una possibile storia d’ amore. Un prete che aiuta i più deboli.
Elia Kazan ci mostra tutto questo. Ci mostra una storia che affonda le sue radici all’ interno di un’ America proletaria e sfruttata, dove i semi del capitalismo hanno già germogliato e dove i lavoratori solo dopo molti sacrifici riescono a trovare una loro unione.
Un ambiente ricreato molto realisticamente, attraverso il linguaggio e la caratterizzazione dei personaggi.
Uno dei film in cui maggiormente si possono vedere i benefici del Metodo Stanislaski sulla recitazione.
E poi lui, Marlon Brando. Capace di dar vita ad un personaggio in maniera così meravigliosa da lasciarci stupiti.
L’ attore che finalmente lavora sul proprio corpo e lo trasforma in un vero strumento drammaturgico.
Una recitazione individuale e collettiva che vive dei continui rilanci tra gli attori. Una recitazione che si costruisce passo dopo passo, una partitura che l’ attore impara a memoria per avere poi la libertà di poterci improvvisare sopra.
Il Metodo segnò un momento di rottura nella formazione degli attori in America, proprio perchè capace di donare più realismo e veridicità alle interpretazioni.
E, in fondo, è il realismo la cifra stilistica di questo film.
E anche il coraggio di affrontare un tema (quello dello sfruttamento dei lavoratori) senza falsi moralismi o ipocrisie, rilanciando la necessità di un cinema sociale che si avvicini alle problematiche del Paese e si allontani dai modelli hollywoodiani.
Il film fu girato interamente a New York e in esterni.
Utilizzo della luce naturale e completa immersione in ambienti reali.
Un film che sancisce finalmente anche in America la possibilità di un altro modo di fare cinema. Cinema quindi non più come favole e illusioni ma come specchio che riflette la precarietà e le problematiche del proprio tempo
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