Regia di Wes Craven vedi scheda film
Due anni prima di quella pietra miliare assoluta che è Non aprite quella porta era stato realizzato questo interessante titolo, che del capolavoro di Hooper anticipa alcune tematiche e atmosfere senza raggiungerne naturalmente le altezze. Partiamo dai lati positivi: la prima parte è notevolissima. La contrapposizione fra l'ingenuità quasi virginale delle due protagoniste femminili e il sadismo indemoniato del quartetto di psicopatici centra esattamente uno dei cardini principali del genere horror: la devastazione deve intervenire sulla normalità - la normalità più normale possibile - e sconvolgerla, rivoltarla come un calzino. Nell'utilizzo dell'elemento naturale a suggerire la sensazione di purezza scompaginata io ci vedo anche un'involontaria prefigurazione del Malick anni '70. Dov'è che allora il film guasta la sua essenza? In quella che è con ogni probabilità la sua parte più famosa, quella che va dall'omicidio della seconda ragazza in avanti, il capitolo relativo alla vendetta dei genitori. Una manipolazione ai principi di verosimiglianza perlomeno indigesta. La coincidenza, comunque strumentale, che la macchina dei manigoldi si fermi proprio in corrispondenza dell'abitazione della vittima, possiamo anche farla passare, suvvia. Che i due signori, che dovrebbero essere distrutti dal dolore (no?), accolgano quattro scappati di casa (palesemente) senza battere ciglio, anche no. Non sta proprio in piedi. In quel momento la tensione decade. Precipiterà poi letteralmente in una fossa delle Marianne con le trappoline alla Willy Coyote piazzate in tutta casa. Per favore. Non nascondiamoci dietro a un dito: la final girl sarà anche un cliché stantio dell'horror, potrà non piacerne l'eccessiva ricorrenza, ma rimane il più sicuro ed efficiente espediente narrativo per chiudere un film dell'orrore. La vendetta fai da te presa dai due retti genitori borghesi sembra una licenza fin troppo ardita ed emancipata.
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