Regia di Stefano Pasetto vedi scheda film
Lui e lei, due sguardi in pena, con passati ingombranti, in una città di frontiera, passaggio obbligato per andare oltre, per trovare un altrove. Trent’anni sono sufficienti per rischiare di sentirsi completamente fuori luogo e inopportuni. Anni di galera spesi da innocente, violenze brutali subite da un corpo fragile come quello di una tartaruga, che lei accudisce con largo affetto e dietro alla quale si ripara. La metafora è forse un po’ troppo didascalica, ma il primo lungometraggio di Stefano Pasetto merita, è ben scritto, sfrutta Trieste come location dell’anima e si lascia accompagnare con dolente melanconia ai puntuali tratteggi delle note della Banda Osiris. Strutturato a incastri, come la partita di Scarabeo che sorregge lo sviluppo narrativo, gioca di sottrazione, ha pudore e rispetto per chiunque, e non si lascia incantare dalle lusinghe delle facili scorciatoie. Scelti con cura i comprimari (tra i quali spiccano Luigi Diberti, Chiara Sani, Vittorio Amandola e Gordana Miletic), e bravissimi i due protagonisti, dal Fabrizio Rongione di Rosetta all’ormai matura Barbora Bobulova, cuore sacro di un’opera che, con umiltà, ha l’ambizione di circondare con amore alcuni disagi del galoppante, cinico, egoista mondo contemporaneo.
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