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Tartarughe sul dorso

Regia di Stefano Pasetto vedi scheda film

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La recensione su Tartarughe sul dorso

di degoffro
4 stelle

Il cinema italiano dei registi esordienti ormai si può dividere in tre categorie. Il genere realistico/impegnato che ha alcuni pregevoli titoli in "Saimir" di Francesco Munzi o "Tornando a casa" di Salvatore Marra. Il genere giovanilistico alla "Notte prima degli esami" & C. Il genere drammatico esistenziale stile "La spettatrice" di Paolo Franchi. "Tartarughe sul dorso" appartiene chiaramente a quest'ultima categoria. Condivide con il film di Franchi la protagonista, la brava e sensibile Barbora Bobulova, che qui subisce una specie di contrappasso. Ne "La spettatrice" infatti, il suo personaggio, dopo aver pedinato a lungo un uomo di cui si era infatuata, nel momento in cui questi è disposto ad iniziare una relazione con lei, se ne scappa via spaventata. In questo film di Pasetto, è l'uomo che fugge dalla donna dei sogni appena (ri)trovata, dopo averla a lungo cercata e desiderata. "Tartarughe sul dorso" ha tra gli elementi all'attivo, oltre al metaforico e significativo titolo ("Per quanto corazzata, la tartaruga sul dorso non ha speranza di farcela se qualcuno non passa di lì al momento giusto a ribaltarle la prospettiva" spiega il regista), le toccanti e convincenti musiche della Banda Osiris, tra cui spicca la bella canzone sui titoli di coda "Prima che il vento" eseguita dalla delicata ed intensa voce di Simona Bencini, la splendida e fredda ambientazione triestina (fotografia di Paolo Bravi) che dà al film un'aria quasi europea, le ottime prove dei due protagonisti, la discreta e garbata presenza di Luigi Diberti (il vicino) e Gordana Miletic (la zia), la riuscita e ricorrente immagine di una nuca di donna (immagine che ha dato l'incipit al regista). Il resto, purtroppo, affoga nell'ovvio, nel banale, nello stereotipo, nel dejà vu. Il racconto, impostato come una lunga partita di scarabeo, di due solitudini che dapprima si sfiorano, poi si incontrano, quindi si amano, dunque si lasciano, infine, forse, si ritrovano, non riesce quasi mai ad incidere e risulta terribilmente monotono, prevedibile, vuoto e sterile. Dialoghi letterari e artificiosi, situazioni imbarazzanti (lui che si masturba vedendo un porno alla tv mentre nella stanza a fianco la vicina scatenata sta facendo sesso con un tale fervore da dare quasi l'impressione del terremoto), o didascaliche (il vicino che chiede alla protagonista "Dov'è il mio cuore? Mi dica come è fatto il mio cuore!", o la sequenza in cui lei sente al telefono il cuore di lui), risvolti poco credibili (sembra che il protagonista, non proprio un adone, sprigioni un misterioso ma irresistibile fascino, tanto che tutte le donne che incontra vorrebbero sedurlo), simbolismi stantii, citazioni superflue (quel sacchetto volante non può non rimandare al sopravvalutato "American Beauty"), conclusioni telefonate. L'ambiziosa struttura a flashback, piena di ellissi, incastri e rimandi, alla lunga rende inoltre faticosa la narrazione, con l'aggravante che il soggetto è tutto fuorché fulminante. I lunghi primi piani, i silenzi, i non detti, la malinconia di fondo, i sentimenti trattenuti e la fragilità emotiva dei personaggi rischiano ormai di diventare fastidiosa maniera. La Bobulova è matura ed assai espressiva, ma così facendo rischia di rimanere inchiodata in ruoli da perenne infelice e sfigata. Come ne "La spettatrice" poi non si riesce a capire perché il protagonista, una volta trovato l'amore, lo respinga malamente, condannandosi masochisticamente all'infelicità. Dopo un'ora e mezza di film si ritorna così al punto di partenza, forse. Lui e lei rimarranno tartarughe sul dorso. Peggio per loro, viene da dire. Cinema troppo triste, intellettuale, asettico, anche confuso ed autocompiaciuto, a forte rischio formalismo, per piacere davvero. E infatti il pubblico lo ha ignorato. Kieslowski con la sua magistrale abilità nel descrivere magicamente i casi della vita era tutta un'altra storia. Scritto dal regista con Carmelo Marabello e Marina Fabbri. Presentato nella sezione "Giornate degli Autori - Venice Days" al Festival di Venezia del 2004. Nomination quale miglior regista esordiente sia ai David di Donatello che ai Nastri d'Argento. Nomination ai Nastri d'argento anche per le musiche della Banda Osiris.
Voto: 5

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