Regia di David Carreras vedi scheda film
La spagnola Filmax è come una marmotta senza dentoni: cosa può fare al mondo? Peccato che tutti, nei circuiti festivalieri e non, la prendano ancora come fucina salvifica di talenti dell’horror o di buoni prodotti di genere. Neanche fosse la nuova New World. Di buono la Filmax ha finora fatto ben poco. Hipnos è tra i suoi ultimi parti. Ed è uguale a tutto il resto, noioso uguale, fumoso uguale. In questo istituto psichiatrico dove, tanto per cambiare, ne accadono di tutti i colori, mentre l’ingenua protagonista prova sulla propria pelle cosa significa la prigionia e la follia, si tenta un pot-pourri di suggestioni, influenze, omaggi, rimandi. Però ne esce un mattone che non ha né la forza di Il corridoio della paura di Fuller (per carità, non ci pensiamo neanche, eresia, eresia), né la beceraggine exploitation di Striscia ragazza striscia di Schmoeller (che non era ambientato in un manicomio, ma insomma). La Filmax e i registi coinvolti continuano a pensare di inquietare con dei trucchetti visivo-sonori da elementari. I loro prodotti sono l’apoteosi della patinatura, dove tutti hanno lo sguardo torvo, le porte cigolano e le ombre uccidono. È una metafora – ma poi neanche tanto - per dire che questo tipo di horror fa della pedissequa seriosità manualistica l’unica sua ragione d’esistenza. Vorremmo che gli spettatori non ci cascassero.
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