Regia di Thomas McCarthy vedi scheda film
Per guardare l’altra America, la faccia più defilata degli Stati Uniti dal punto di vista paesaggistico, antropologico, sociale (e si potrebbero aggiungere altre opzioni) il cinema indipendente resta, pur con i suoi manierismi, con le sue perplesse visioni, con il suo antiglamour programmatico, con i suoi cliché narratologici, la bussola, l’obiettivo fotografico migliore. L’esordiente regista e sceneggiatore Tom McCarthy ricomincia da dove gli altri pargoli del Sundance Festival sono arrivati e da dove la lezione del nuovo cinema americano continua a spargere nel vento i suoi semi. Nella solitudine rilassata e mai disperata di Fin (Peter Dinklage), il piccolissimo uomo, il compassato, simpatico ed energico nano che ama i treni e che eredita e si insedia in una stazione del New Jersey dove sulle rotaie crescono le erbacce e non ci sono più diretti né accelerati, né convogli sbuffanti, né vagoni da ammirare, si rifrange uno spicchio di mondo altrettanto piccolo di persone che hanno perduto il senso dell’orientamento: qualcuno non ha mai cominciato né cercato. Neppure la più rigida e ferrea griglia di un orario ferroviario potrebbe metterli in riga o riavviare il loro motore esistenziale. Delicato, poetico, spiritoso, meditabondo esempio di slow cinema. I cavalli d’acciaio di una volta arenati sulle strade ferrate della provincia.
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