Regia di Ridley Scott vedi scheda film
Il successo de “Il gladiatore”, una valanga di Oscar e la totale mitizzazione da parte di molti appassionati di cinema, derivava dalla sua formula: grande spettacolarità, effetti sonori e visivi d’impatto, fotografia e illuminazione curatissima. Poco importa se dietro al film, nella parte della scrittura, l’attinenza alla realtà degli eventi storici risultasse scarsina. Tale considerazione non è frutto di un’opinione, personale o condivisa che sia, bensì deriva un’angelica ammissione del suo regista, Ridley Scott, che in merito dichiarò che preferiva l’interpretazione dei fatti all’aderenza storica, pur di ottenere un effetto affabulatorio sullo spettatore.
Quando dopo qualche anno il regista di “Blade runner” ci riprova con “Le crociate”, bisogna dire che l’effetto risulta decisamente meno sconvolgente. La storia, alcuni personaggi, perfino determinati eventi sono pura invenzione degli autori, che calano in un contesto ricco di magia e mistero come l’epoca delle crociate, personaggi dalla messa in piega perfetta e dall’epilazione impeccabile. Il cast d’eccezione e una serie di scelte registiche che strizzano sempre l’occhio al sensazionalismo non fanno più l’effetto di un tempo, e pensando che un autore americano si sia pigliato la briga di sconvolgere, o, come dice lui “interpretare” fatti storici di primaria importanza per la storia del mondo, fa un po’ rabbia ma anche un po’ di tenerezza nei riguardi un certo pubblico, settoriale certo, ma in forte crescita, che aprendo gli occhi e le orecchie in sala, chiude contemporaneamente il cervello, annientando quello spirito critico che dovrebbe essere la pietra angolare di ogni visione (cinematografica in primis).
La versione originale dura 140 minuti, quella “director’s cut”, con in aggiunta scene scialacquate e particolari di nessun conto, supera ampiamente le tre ore, adeguando anche il tempo della durata alle dimensioni mastodontiche del progetto: tutto studiato a tavolino, senza anima e senza passione.
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