Regia di Carlos Reygadas vedi scheda film
Marcos rapisce con la moglie il figlio del suo principale. Il bimbo muore e l’uomo, devastato dal senso di colpa, si astrae sempre più dalla realtà, entrando in una zona d’ombra cripto-mistica che contempla il forte desiderio di confessarsi a qualcuno. Magari ad Ana, la giovane e bella sorella del bambino. Epilogo “forte”. Più che un film, un pellegrinaggio visionario nell’anima nera di un mondo e di una cultura. Il Messico e le sue contraddizioni: il cattolicesimo arcaico, le masse inchiodate alla povertà da un determinismo che la religione non esclude, l’impossibilità di concepire il bello. Marcos e la moglie sembrano usciti da una puntata di Cinico Tv, ma c’è il sospetto che la sgradevolezza che trasmettono sia più provocatoria che significativa. Il giovane regista, ex giocatore della nazionale messicana di rugby, usa la macchina da presa come una clava e non si (ci) risparmia niente. Sesso e violenza, come a voler dire: io non ho tabù, e voi? Un giochino intellettuale che qualcuno, al Festival di Cannes, ha preso troppo sul serio. Da tenere d’occhio Anapola Mushkadiz, l’attrice che interpreta Ana: è brava e bella.
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