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Niente da nascondere

Regia di Michael Haneke vedi scheda film

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La recensione su Niente da nascondere

di cheftony
8 stelle

“Cosa gli è successo?”
“L’hanno mandato via, era malato, forse in un ospedale oppure in un orfanotrofio, non lo so. Un bel giorno è sparito, io ero contento e ho dimenticato tutto.”
“E i tuoi genitori?”
“Suppongo che anche loro l’abbiano dimenticato. È stata una parentesi di pochi mesi.”
“Una parentesi?”
“Cosa vuoi che ti dica, che è stata una tragedia? Forse è stata una tragedia, non ne so niente e non mi sento responsabile! È una storia assurda!”

 

Georges Laurent (Daniel Auteuil), presentatore di un programma televisivo culturale, riceve al suo domicilio parigino una misteriosa videocassetta anonima; assieme alla moglie Anna (Juliette Binoche), che lavora nell’editoria, la visiona e rimane perplesso: la videocassetta ritrae l’esterno della loro abitazione, senza alcuna minaccia o intimidazione. La coppia, agiata e apparentemente senza nemici, ha un figlio preadolescente di nome Pierrot (Lester Makedonsky). I rapporti familiari, già piuttosto rigidi ed impostati, subiscono un progressivo sfaldamento: gli arrivi di VHS si intensificano, accompagnati da disegni dal tratto infantile e di natura cruenta, senza che la polizia possa farci alcunché.
Dopo l’ennesima visione, Georges sembra aver trovato la chiave per risolvere l’enigma: le videocassette arrivano da una casa popolare di Parigi, che Georges decide di visitare in solitaria per verificare se si tratta di uno scherzo di pessimo gusto. Vi trova un uomo all’incirca della sua età, un immigrato algerino: Majid (Maurice Bénichou) appare sinceramente inconsapevole di quelle videocassette e del loro contenuto, ma sembra conoscere Georges fin dalla loro infanzia. Georges accentua la distanza fra i due e nega, ma i ricordi pian piano riaffiorano e riportano alla luce un evento fin lì nascosto e rimosso…

 

“I problemi riguardanti il senso di colpa sono estremamente complicati. Non è che si è chiaramente colpevoli di qualcosa [solo] se si è fatto intenzionalmente qualcosa di male. La colpa non può essere definita così facilmente. Comunque si deve convivere con essa e con le sue conseguenze.” [Michael Haneke]

 

Daniel Auteuil, Juliette Binoche

Niente da nascondere (2005): Daniel Auteuil, Juliette Binoche

 

Mettiamolo in chiaro fin dal principio: “Caché” non è un film semplicissimo. Certo, non che l’intera opera di Haneke brilli per accessibilità, ma a questo film va davvero concesso il tempo di sedimentare, di farsi comprendere e apprezzare. Il tema principale è assai ricorrente nel cinema hanekiano: “Caché” è un film sul modo in cui ci interroghiamo sul nostro senso di colpa, su come reagiamo alla consapevolezza di avere qualcuno sulla coscienza e su come queste dinamiche inficino i rapporti personali, familiari e professionali. In particolar modo, il protagonista Georges rifiuta ogni responsabilità, nega, si ritiene vittima di una vendicativa persecuzione e continua a gettare il suo passato sotto il tappeto, senza mai fare davvero i conti con i suoi errori e le sue bestialità, ritenute leggerezze degne di essere dimenticate.

 

“C’è sempre una colpa collettiva che può essere collegata ad una colpa personale.” [Michael Haneke]

 

Ma la vera finezza è come la vicenda dell’alto borghese Georges di turno (Georg, Anna e le loro variabili sono nomi ricorrenti e archetipici) si intersechi con un fatto storico: il massacro degli algerini nella Senna, avvenuto nell’ottobre del 1961; una carneficina ordita dal prefetto di Parigi Maurice Papon, già collaboratore dei nazisti durante l’occupazione e condannato solo nel 1998 per crimini contro l’umanità. Decine e decine di cadaveri affiorarono dalla Senna, vittime della repressione per aver manifestato contro il coprifuoco per i “musulmani francesi d’Algeria”, in un contesto – quello francese – pesantemente coinvolto nella concomitante Guerra d’Algeria. Una colpa storica nazionale poco nota, taciuta e vergognosa. Essenzialmente analoga a quella di Georges. Caché, ovvero nascosta.

 

Michael Haneke

Michael H. - Professione: Regista (2013): Michael Haneke

 

Per quanto il film sia indipendente da questo evento, conoscerlo o meno fa obiettivamente una bella differenza per lo spettatore. E io non lo conoscevo, chiaramente, percependo solo in parte la sovrapposizione fra il dramma personale e il dramma collettivo. Ciò detto, dovrebbe risultare chiaro che “Caché” è un film assai stratificato e denso di significati.
Haneke prende essenzialmente in prestito la struttura base di un thriller e, grazie ad essa, riesce a tenere incollati durante la visione nonostante il ritmo costantemente soffocato (e brillantemente calibrato) e la totale assenza di una colonna sonora; al contempo, non concede allo spettatore la soddisfazione di scoprire il mandante delle videocassette, non fosse altro per il fatto che il punto focale del film non è quello. Persino il finale non si accontenta di essere enigmatico: consta di una ripresa fissa in cui i protagonisti della scena sono come nascosti (pur ben visibili) nella composizione dell’inquadratura. Campo fisso proprio come nella scena iniziale, a partire dalla quale si ha subito modo di interrogarci sulla fallacia dello sguardo e sulle criticità del mezzo cinematografico. Chi è l’osservato(re)? Chi è che riprende e cosa sa? Un altro tema hanekiano che si consolida ulteriormente.
A proposito di regia statica (una cifra del direttore austriaco), si dimostrano bravi ad adattarsi ad essa due attori di peso del cinema francese quali Daniel Auteuil e Juliette Binoche, molto convincenti nelle loro parti. Premiato e celebrato alle rassegne di Cannes e European Film Awards del 2005, “Caché” ha poi diviso pubblico e critica, con parte di quest’ultima che vi ha trovato una lunga e composita lista di difetti tale da bollare come ricattatorio, confuso e iterativo il lavoro del regista austriaco. Haneke proseguirà per la sua strada qualche anno dopo col pregevole ed ugualmente complesso “Il nastro bianco”, ma non prima di lanciarsi nel progetto più debole (e forse dettato da ragioni commerciali, aggiungerei con malizia) della sua carriera: il remake shot-for-shot del suo iconico “Funny Games”, in lingua inglese e con grandi attori anglofoni come Tim Roth e Naomi Watts.

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