Regia di Michael Haneke vedi scheda film
George Laurent (Daniel Auteil) è un giornalista e conduce una trasmissione televisiva di successo imperniata sui libri, mentre la moglie (Juliette Binoche) lavora per una casa editrice. Una ricca famiglia della borghesia intellettuale quindi, la cui vita viene a un certo punto sconvolta da una serie di disegni strani e di videocassette che vengono inviati da un autore anonimo e che ritraggono gli esterni del loro appartamento. Queste registrazioni si fanno via via più particolareggiate e iniziano sempre più a riguardare il vissuto personale di George, il suo passato, quello che gli riporta alla mente il rapporto con Majid (Mauricè Benichou), il figlio di due lavoranti algerini presso la sua famiglia uccisi durante una manifestazione per la liberazione del loro paese.
Dietro l'apparenta evanescenza, "Niente da nascondere" rivela una solidità contenutistica che cresce col procedere del film e con il dispiegarsi lucido delle situazioni. Michael Haneke riflette sul rapporto tra la realtà e la percezione che si ha di essa per mezzo della sua riproduzione evidenziando la connessione che si crea attraverso la loro continua sovrapposizione. I diversi piani sequenza usati da Haneke, le immagini delle videocassette e i sogni di George tendono sorprendentemente a coincidere per stile e contenuti tanto che si è indotti a pensare ad un unica matrice che senza soluzione di continuità intreccia il reale, la proiezione che si fa di esso e i sogni che ne riflettono solo la parte disturbante, per farne, evidentemente, tre parti distinte di un unico luogo mentale. George è un manipolatore di immagini, sa perfettamente cosa significa intervenire in una storia per indirizzarla nel modo più congeniale possibile, per dargli la forma più appropriata alla sensibilità del suo occhio. Ciò che lui è abituato a fare per lavoro è poi costretto a subirlo quando viene catapultato in una storia dove un non ben identificato autore lo porta a compiere determinati movimenti e a vedere con i propri occhi porzioni di un lontano passato. E' indotto a compiere un cammino a ritroso nei luoghi della memoria, dove si annidano ricordi sbiaditi e vecchi rimorsi ritornano a galla. Di fatto si genera una lineare conseguenzialità narrativa tra ciò che George guarda e fa e quello che altri guardano e fanno per lui, che stante l'elemento onirico che interviene a rafforzare la loro interdipendenza, è come se si parlasse del rapporto tra quello che realmente gli interessa della sua vita e quello che è stato forzatamente rimosso. Un solo corpo che si ribella alla sua coscienza. L'immagine riprodotta è sempre e solo una porzione della realtà, eppure contiene dei segni che possono riportare a una sua visione più estesa. Haneke utilizza lo schema che prevede l'andare avanti e indietro, il concentrarsi su un particolare e l'allontanarsene, come se con un telecomando si stesse intervenendo lungo la linea della vita allo stesso modo con cui si agisce su una sua porzione riprodotta per immagini. E' l'autore austriaco a tenere in mano il telecomando e gioca a disturbare la coscienza occidentale mostrando ciò che non può rimanere nascosto per sempre. Ci porta con mano dentro un film che si alimenta di occhi che scoprono sipari e di parole che rimangono ad aspettare sullo sfondo (vedere il finale).
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