Regia di Amos Gitai vedi scheda film
Incorniciato in capo e coda da due canzoni significative, simboliche e dal forte piglio politico, il film di Amos Gitai si caratterizza per l'originalità, la forza e l'efficace semplicità di un cinema fatto di persone, azioni, gesti, situazioni apparentemente comuni. Piccole cose circondate sullo sfondo da scenari importanti, complicati, drammatici. Disarmante nel suo incedere lineare da road movie Free Zone piace per la struttura incentrata sull'incrocio di tre figure femminili distanti tra loro per provenienza, cultura, carattere, fisionomia, eppure così indissolubilmente legate da vicende aventi come denominatore comune il complicato quadro di precari equilibri in Medio Oriente. Sequenza iniziale da brividi, con la consueta ottima Portman in lacrime accompagnata da una versione magistrale e inquietante di Had Gadya (la nostra Alla fiera dell'est di Branduardi). Frontiere, deserti, militari, mercanti, attentati, villaggi in fiamme, litigi, fughe, orizzonti desolati: un viaggio fatto di caparbietà, speranza, voglia di giustizia, incomprensioni, contrasti, distanze incolmabili, convivenza con l'assurdo. Un'armonia agognata, metaforica, necessaria, passa attraverso le voci in coro delle donne, in cerca di normalità e pace su un motivo pop sparato a tutto volume nell'abitacolo di un'auto in corsa. Ma è solo una tregua, in prospettiva del prossimo pericolo da schivare. Ottimamente interpretato e ben diretto.
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