Regia di Amos Gitai vedi scheda film
Altro film sopravvalutato dalla critica. Ottima l’interpretazione delle protagoniste, tutte donne, ed il modo insolito di inquadrare il contesto, più da teatro e da documentario, come la scena iniziale lunghissima con il pianto adolescenziale della Natalie Portman con il sottofondo musicale della filastrocca che noi conosciamo (con qualche variante) grazie all’arrangiamento di Angelo Branduardi e come direi l’intero film, basato interamente sui dialoghi tra le protagoniste con una sola interposizione maschile (il c.d. “americano”). La componente documentaristica del film rivela la realtà vissuta quotidianamente in Medio Oriente, la diversità di atteggiamento e comportamento delle guardie di confine secondo i paesi (molto duri gli israeliani, blandi i giordani), e la componente dialettica (tutta al femminile) racconta molto bene come sia difficile adattarsi ad una realtà sociale ed economica di continua conflittualità bellica e terroristica. Bello il personaggio psicolabile ed in odore di santità interpretato dalla Portman, che sembra vivere in un mondo ludico tutto suo e di conseguenza ben poco consapevole di dove si trovi e di quali pericoli incombano, fino all’ultimo fotogramma. Ma nel complesso non ho individuato nessun valore aggiunto di particolare inventiva, genialità ed apporto narrativo. Un film prodotto con mestiere e abilità e ben interpretato ma che non mi ha emozionato e non mi ha rivelato nulla di nuovo. La visione è più che giustificata ma la valutazione della critica è troppo generosa.
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