Regia di Amos Gitai vedi scheda film
Alla fiera dell’Est, per due soldi, un agnellino mio padre comprò... Ma non era un topolino? Ebbene no, la versione originale di questo tradizionale ebraico poi arrangiato, come sappiamo, da Branduardi dice così, e c’è anche un lupo. Chiaro che i significati vadano dal “sacrificale” biblico a quello della lotta per la sopravvivenza. Impossibile per gli autori di laggiù, si chiamino Amos Gitai, Elia Suleiman o Amos Oz, raccontare qualunque cosa, anche la più semplice storia d’amore, senza incappare nella drammaticità del contesto: una guerra infinita, una rabbia paradossalmente senza Dio, una violenza (anche verbale) che è il solo mezzo di comunicazione. Tra donne, in questo caso. L’israelo-americana Natalie Portman la sua storia d’amore ce l’aveva, con un bel giovane che però, senza troppi scrupoli, durante il servizio militare si abbandonò al più classico dei crimini di guerra. Come convivere con una cosa del genere? Meglio scappare verso la “free zone”, luogo di confine fisico che qui si accompagna a significati altri e alti. La ragazza viaggia con una taxista interpretata da Hana Laszlo, strepitosa, che ci sbatte in faccia la realtà di un mondo senza pace. Finale didascalico, come troppo spesso Gitai. Ma il primo piano sequenza sul volto della Portman e la tensione emotiva che le attrici (anche l’araba Hiam Abbas) fanno percepire con dolore, valgono senza dubbio il “pollice su”.
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