Regia di David Cronenberg vedi scheda film
Le aspettative erano molto alte perché le recensioni che avevo letto erano praticamente tutte entusiastiche (Morandini gli dà le sue 5 stelle che riserva a pochissimi film contemporanei, Mereghetti gli dà pure il massimo, all'epoca della sua uscita ne parlarono molto bene anche critici come Crespi, Martini e la stampa americana fu molto favorevole). Il film è un buon dramma con venature thriller su un padre e marito esemplare la cui vera identità di assassino e malvivente viene rivelata in circostanze eclatanti. Anche qui Cronenberg ci fa riflettere sullo sdoppiamento della personalità, sulla necessità di convivere con pulsioni distruttive nella quotidianità, sulla violenza come tragico sbocco di situazioni familiari o sociali disfunzionali. Il racconto scorre lineare, senza particolari fioriture stilistiche o immagini surreali e con limitati effetti splatter: l'impatto sullo spettatore resta efficace, con una regia pulita e funzionale, anche se non mancano alcune parti piuttosto lente e non del tutto focalizzate sui personaggi (ho trovato piuttosto banale il sub-plot del figlio alle prese coi bulletti a scuola, già visto fin troppe volte in altri contesti). Nel cast primeggia un Viggo Mortensen che ha lo sguardo combattuto dai fantasmi del passato, ben coadiuvato dalla "televisiva" Maria Bello e da un Ed Harris perfetto nel ruolo del malvagio killer dall'occhio sfregiato; nella parte del fratello si rivede anche William Hurt, che si è aggiudicato una nomination all'Oscar anche se a me è sembrato piuttosto sopra le righe. Non è il capolavoro che qualcuno vorrebbe, ma come riflessione su un passato malato che ritorna a tormentare l'uomo perbene merita comunque una certa considerazione. Voto 8/10
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