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A History of Violence

Regia di David Cronenberg vedi scheda film

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La recensione su A History of Violence

di ed wood
10 stelle

regia, copione ed interpretazioni impeccabili in quello che può considerarsi uno dei più riusciti film sugli USA degli ultimi tempi...siamo sui livelli di un Mystic River, forse con meno densità tematica, ma con una compattezza ancora maggiore...la prima parte sembra voler imporre un taglio sociologico alla vicenda narrata (il bullismo nei licei, i fucili sotto il cuscino, l'opportunismo dei media etc...); la seconda parte è invece una vera e propria discesa nell'incubo (tipicamente cronenberghiana), in cui l'astrazione cresce di sequenza in sequenza fino a quel finale (uno dei più emozionanti mai visti) così pregno di pietas e ambiguità...un finale "domestico" che rimanda (ribaltandola e guardandola con amarezza) alla poetica/estetica di Ford...e John Ford (emblema del cinema americano classico), assieme a Martin Scorsese (emblema del cinema americano moderno), è il principale referente di questa “storia di violenza”…sono fordiane la messinscena, le ambientazioni, il ritmo, la composizione interna delle inquadrature, la narrazione, i personaggi (lo sceriffo Sam…), così come è scorsesiana la progressiva scia di sangue versato e la precarietà di un equilibrio impossibile in quanto retto su fondamenta grondanti altro sangue…in questa spontanea capacità di sovrapporre gli approcci di due Maestri appartenenti ad epoche così distanti nella parabola socio-culturale degli USA, fino a farli assimilare l’un l’altro per osmosi, sta da una parte il merito di Cronenberg (merito ancor più grande, se si pensa che Cronenberg è canadese, e la violenza non è certo il suo pane quotidiano), dall’altra il nocciolo del film: la violenza, pare dirci Cronenberg, è indissolubile da QUALSIASI IDEA di civiltà statiunitense (sia quella fordiana della famiglia, dei valori, della solidarietà all’interno di una comunità; sia quella scorsesiana dell’individuo solitario e alienato, immerso fino al collo in un ambiente del quale non riesce a prendere le misure)…un concetto forse banale, risaputo, ma che in questo film viene esposto con una lucidità e una profondità tali da conferirgli un significato pregante…non certo per le invenzioni stilistiche (si tratta di un film dal taglio classico, lineare), ma per i tempi e i modi con cui viene raccontata la vicenda (la serenità della famiglia minacciata da un male oscuro; l’ambiguità strisciante per tutta la pellicola e culminante nel finale sospeso) ricorda l’unica regia del grande Charles Laughton…

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