Regia di Francine McDougall vedi scheda film
Tratto, abbastanza liberamente, dal libro uscito in USA nel 2000 "Charlie’s Angels Casebook" di Jack Condon e David Hofstede, si tratta di un tv-movie curioso, ma approssimativo, meccanico, con personaggi, reali, che appaiono, irrealisticamente, o bianchi o neri, senza sfumature. Ne escono malissimo Lee Majors (l’attore Ben Browder), maluccio i produttori/creatori della serie (Aaron Spelling, interpretato dall’attore Dan Castellaneta, e i suoi collaboratori), malino Kate Jackson (l’attrice Lauren Stamile), bene Jacklyn Smith (l’attrice Christina Chambers), benissimo Farrah Fawcett (l’attrice Tricia Helfer). Ingiudicabile David Doyle (l’attore Bill Dow). Essendo un’operazione non autorizzata, gli autori non si sono fatti tanti scrupoli ad andarci giù pesante, spettegolando qua e là. La loro predilezione per Farrah Fawcett è inequivocabile (come dar loro torto...), dipinta come un vero angelo, ingenua, candida, cortese, sempre disponibile e sorridente (mah...), condizionata e soggiogata dal marito (Majors) e stravolta dallo stress di una serie televisiva caratterizzata da tempi e orari di lavori proibitivi, poco compatibile con il sereno funzionamento di un ménage coniugale. Questa rincorsa al gossip, al bisbiglio dietro le quinte e nelle aule tribunali (dove finisce la stessa Fawcett per presunti inadempimenti contrattuali, a seguito della sua decisione di abbandonare il telefilm alla termine della prima stagione) andava forse ridimensionata in favore di una maggiore attenzione, in sede di sceneggiatura, alla portata globale del fenomeno culturale, di costume, oltre che catodico, che è stato Charlie’s Angels.
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