Regia di Wim Wenders vedi scheda film
Star di film western ormai sul viale del tramonto, Howard Spence (Sam Shepard) diserta il set del film in cui sta lavorando per rimettere ordine nella sua vita. Non posso certo affermare di avere un buon rapporto con Wim Wenders, regista del quale si può dire che ha dato il suo prezioso contributo per la storia del cinema. I ricordi vanno a quando vidi il suo primo film, PARIS TEXAS, troppo giovane forse per apprezzarlo. Rinunciai a LO STATO DELLE COSE e MILLION DOLLAR HOTEL. Per L'AMICO AMERICANO mi esprimo in maniera entusiasta fin quando il protagonista sale sul treno per il secondo omicidio, dopodiché questo grande classico degli anni 70', a mio parere, perde inesorabilmente colpi fino alla fine. Nel tentativo di avvicinarmi a questo regista, che sotto alcuni aspetti mi azzardo ad accostare a Theo Anghelopulos (non insultatemi se ho scritto una stupidata), ho deciso di vedere questo suo lavoro poco menzionato e non molto apprezzato. Su un soggetto non certo nuovo, un individuo che ha vissuto una vita di eccessi ed ora decide di mettere un po' di ordine, Wenders non sembra dire assolutamente niente che non sia già stato visto in altre circostanze. Un divo di film western nel nuovo millennio mi sembra una cosa alquanto anacronistica. Si sarebbe dovuto magari spostare l'azione negli anni 50' o 60', ma a parte questo dettaglio che può essere trascurato e che magari vuol mostrare un'America che si e' lasciata definitivamente alle spalle le tradizioni, sacrificandole a un futuro tecnologico e senza anima, mi aspettavo una pellicola con tempi molto lenti e dilatati, poco dialogo e maggior introspezione psicologica dei personaggi. Qui ci troviamo in situazioni che talvolta mi ricordano una soap opera, con personaggi senza alcuno spessore, sia per quanto riguarda Sam Shepard, Jessica Lange e Tim Roth, per quest'ultimo il ricordo non può non andare al killer russo da lui interpretato nel bellissimo LITTLE ODESSA. Peggio ancora per i giovani Gabriel Man (insopportabile) e la stralunata Sarah Polley, che se ne va a spasso con l'urna contenente le ceneri della madre. NON BUSSARE ALLA MIA PORTA si risolve in una commedia leggera, priva di profondità, che non appassiona, non coinvolge e soprattutto non commuove. Sono ben accetti consigli sulle opere di questo regista. Naturalmente il prossimo obiettivo non può che essere IL CIELO SOPRA BERLINO, e se reperibile FINO ALLA FINE DEL MONDO.
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