Regia di Lars von Trier vedi scheda film
Fallimento concettuale? Ma il compito era improbo: rifiutare la norma della forma davanti all'inautentico della narrazione. E poi il diverbero maschile sui luoghi comuni di Grace, la democrazia sradicata dal suolo occidentale ed espropriata nel sottosuolo della negritudine. Von Trier manca d'illuminismo e fonde la sua retorica teatrale-immaginifica nell'oscurità della piantagione. Anche il sesso diventa manicheo e la purezza decanta verso l'interno di un mircocosmo avulso alle legi della più normale convivenza semantica. Il calderone vontrieriano termina là dove il termine del linguaggio indica una strada impervia a lastricata di dubbi sulla moralità del linguaggio stesso, dell'immagine traballante e ricattatoria. Il viso di Grace non appartiene più alla sfera d'aurora come nel primo capitolo e non ha più la possibilità di essere salvato. le macerie dell'umanità diventano un pedale della coscienza scoperta e svilita dal regolamento a cui le due parti Grace/Manderlay trovano spiegazione per l'annientamento di un sopruso nascosto che è indice di una mentalità arretrata nel proprio modernismo parossistico. E' così che Manderlay è il doppio dialettico, integerrimo fratellastro di Dogville, la falsa diomstrazione che la coscienza è la mancanza di uno svelamento che porta solo al fallimento. La prostrazione davanti al reato commesso per eccesso di verità.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta