Regia di Woody Allen vedi scheda film
34° film di Allen, il primo ambientato in Inghilterra. Un noir senza mezze misure, dai toni cupi e dal finale inquietante, persino con una sensualità inusuale per la filmografia alleniana (le scene di sesso fra Rhys-Meyers e la Johansson). La prima parte è la storia di un arrampicatore sociale che fa amicizia con un aristocratico e ne sposa la sorella, pur provando un’irresistibile attrazione (ricambiata) per la fidanzata dell’amico, un’attricetta americana. Nella seconda parte gli eventi precipitano: messo alle strette dall’amante, che è stata lasciata dal fidanzato ed è incinta, e non volendo rinunciare alla posizione sociale raggiunta, il protagonista uccide lei e una sua vicina di casa (per creare la messinscena di una rapina finita male); una morte che, nell’agghiacciante scena onirica in cui gli appaiono i fantasmi delle vittime, definirà “danno collaterale” (quanto al bambino, se la caverà citando Sofocle: la cosa migliore è non essere mai nati). La polizia, messa sulle sue tracce dal diario dell’amante, lo sospetta ma non potrà dimostrare la sua colpevolezza: anzi, proprio quella che poteva diventare una prova a suo carico lo scagionerà (un anello rubato alla vittima, da lui buttato nel Tamigi ma rimbalzato indietro dal parapetto, viene ritrovato in tasca a un tossicodipendente morto). Morale, mutuata dal tennis: meglio essere fortunati che bravi. La vicenda è la stessa di uno degli episodi di Crimini e misfatti (delitto impunito, superamento dei sensi di colpa); tutto leggermente gratuito, ma molto ben confezionato.
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