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Sin City

Regia di Robert Rodriguez, Frank Miller vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Sin City

di 79DetectiveNoir
8 stelle

 

Oggi, recensiamo Sin City.

Film di due ore e quattro minuti del 2005.

Sin City è tratto dall’omonimo graphic novel di Frank Miller. Che, oltre ad essere autore di tale trasposizione cinematografica, assieme a Robert Rodriguez n’è stato regista. Con la partecipazione straordinaria di Quentin Tarantino, accreditato come guest star director.

A tutt’oggi, sul sito aggregatore di medie recensorie metacritic.com, conserva un’ottima votazione, ovvero il 74% di pareri estremamente positivi e, ai tempi della sua uscita, infatti, oltre ad essere apprezzato dalla Critica, malgrado non avesse totalizzato incassi stratosferici, piacque generalmente molto al pubblico. Rivelandosi una perfetta, suadente e fascinosa miscela di live action e animazione grafica fantasiosamente ben concepita e di sicuro, ammaliante impatto visivo.

Copia-incolliamo qui l’assai sintetica ma pertinente trama inserita su IMDb che, nella sua assoluta brevità, senza troppi fronzoli e pedanti descrizioni minuziose e superflue in barboso stile Wikipedia, riproduce esattamente in nuce il fulcro della vicenda narrata, anzi, delle microstorie intersecate fra loro in modo morbidamente avvolgente e ipnotico.

Sin City, difatti, pur essendo stato girato prevalentemente in un b/n, potremmo dire, bizzarro e spettrale, irresistibilmente accattivante, contiene molte sequenze ove la fotografia, peraltro firmata dallo stesso Rodriguez, cangia in una sfumata policromia seduttivamente fosca e cristallina, ammantando la pellicola, con questa magica malia tenebrosamente atmosferica, d’incantevoli suggestioni torbide e lugubri assolutamente in linea col tetro e al contempo luminescente clima che ci viene malinconicamente profuso.

Un film, potremmo dire, di natura claustrofobica, immerso in ambientazioni melmose, fra uomini e donne fetenti, interni di case fatiscenti, periferie degradate, quartieri lerci e malfamati e bar ove pullulano, ubriachi, strafatti perdenti amabili e simpaticissimi contrabbandieri della propria anima bruciata o soltanto nei propri cuori scheggiata.

A movie that explores the dark and miserable town, Basin City, and tells the story of three different people, all caught up in violent corruption.

Ecco allora che, a prescindere dal prologo, intitolato Il cliente ha sempre ragione, entriamo nel vivo dell’azione. In medias res arabesca di storie in formato matriosca che, nel secondo capitolo del film, Sin City: Una dama per cui uccidere, assumeranno una definitiva coagulazione filmica. Perciò, partiamo subito con Quel bastardo giallo. Ovvero la triste ma intrepida peripezia del coriaceo, misterioso poliziotto John Hartigan (un Bruce Willis dall’espressione eternamente accigliata e impassibilmente torva ma al contempo dolce da duro innamorato dal cuore tenero che, grazie a un gioco di occhiate carismatiche d’annata, vale tutto il prezzo del biglietto e dunque della sua magnifica performance di strepitosa sordina). Il quale salva una bambina di nome Nancy (Makenzie Vega da piccola, Jessica Alba da grande) dalle grinfie di un maniaco pedofilo, Roark Junior (Nick Stahl).

Hartigan, malgrado il suo prode gesto salvifico da uomo figlio di un’era dimenticata e sentimentalmente nobile, viene ingiustamente arrestato e sbattuto in gattabuia per circa un decennio. Una volta scontata la sua pena, incontra nuovamente Nancy che, nel frattempo, è diventata una bellissima ragazza assai sexy che si esibisce in un night club frequentato perlopiù da bavosi fuori di testa.

Nancy è da sempre innamorata del suo salvatore e anche Hartigan, nonostante la grande differenza d’età che lo separa da Nancy, è atavicamente attratto da lei poiché onestamente, essendo costei la personificazione di una Lolita irresistibile, incarna ogni recondita, maschile fantasia proibita.

Cosicché, sebbene Hartigan sia l’emblema del macho man che non deve chiedere mai, alla fine si scioglie piacevolmente e, cullato dai caldi e lievi baci di Nancy, viene avvolto fra le sue gambe dietro le tendine di un nero appartamento ficcato nella notte più svenevolmente, focosamente ardimentosa.

Mentre il pazzo scatenato non è ancora stato fermato e riesce, poco dopo, a prendere in ostaggio la povera Nancy per seviziarla immondamente.

Come andrà a finire?

Dopo il durissimo, appena citato episodio del tosto ma delicatissimo Hartigan e della sensualissima Nancy, neanche a farlo apposta, abbiamo l’episodio chiamato Un duro addio.

Ove il super freak e disgraziato mai visto dal viso assai sfregiato di nome Marv (un debordante Mickey Rourke in parte come non mai), terminato di avere una notte di sesso selvaggio con l’unica donna che l’abbia mai amato, cioè Goldie (Jaime King), scopre che lei è stata barbaramente trucidata. Al che Marv, costernato e distrutto dal dolore, grida al cielo, immediatamente, atroce vendetta. Fra le umide, puzzolenti e sporche strade della corrotta Basin City, dopo aver incontrato Lucille (una Carla Gugino che si esibisce in un memorabile, plateale, stupendo topless da incorniciare nel quale si mostra generosamente in tutta la sua vellutata avvenenza superba) che, per l’appunto, inutilmente prova a dissuaderlo dal vendicarsi, a dispetto di tutti i buoni consigli elargitigli, Marv si getta a capofitto fra i vicoli ciechi e olezzanti di questa metropoli di luridi bastardi. Ovviamente, in cerca del colpevole e dei complici da punire severamente, in maniera ferina e cruenta oltre ogni dire. Entrando in contatto con gli avanzi più miserabili della città, gettandosi a capofitto, fra bevute, risse e pugni senz’esclusione di colpi, nel vivido cuore pulsante della sua stessa rabbia da irruento, bestiale loser in cerca di giustizia. Lanciandosi spericolato nei meandri, potremmo metaforicamente dire, d’una labirintica, sanguinaria revenge tonitruante che profumerà forse d’autoassolutoria catarsi struggente e si tingerà di cremisi sfumature emozionali, come per il precedente episodio, ancora una volta poderosamente e commoventemente romantiche.

Infine, Un’abbuffata di morte: la poco di buono Shellie (Brittany Murphy) viene tormentata dal suo ex, lo sbruffone e zotico, corpulento Jackie Boy (un Benicio Del Toro ispiratissimo) che, coi suoi maneschi scagnozzi, fa irruzione in casa della ragazza. Shellie però non è sola, bensì si trova in compagnia del suo attuale boyfriend Dwight (Clive Owen). Un uomo affascinante ma terribilmente stronzo.

E ci fermiamo qui per non rovinarvi le sorprese. Diciamo soltanto che la piccola ma mirabolante, allucinatoria scena lisergica fra Dwight e Jackie Boy, girata in macchina, è ad opera di Quentin Tarantino.

Che dire di più? Sin City, a distanza di quindici anni dalla sua uscita, conserva intatto il suo enorme perché. Insomma, un film che sa, eccome, il fatto suo. Girato da dio e recitato, possibilmente, ancora meglio. Un film che, nonostante la notevole durata, non annoia quasi mai e si lascia vedere tutto d’un fiato.

L’unica critica vera che possiamo muovergli contro sono le voci narranti. Sicuramente troppo insistite e forse non poco eccessive in alcuni punti.

Ma è un dettaglio, comunque, piuttosto trascurabile.

 

 

 

di Stefano Falotico

 

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