Regia di Francesco Munzi vedi scheda film
Saimir significa "il giusto", un destino segnato fin dal nome che tenta in tutti i modi di ribellarsi al suo ineluttabile karma. Perché Saimir, sedicenne albanese finito chissà come nel degradato litorale laziale, è costretto dal padre a una sporca complicità in un traffico di clandestini. Sogna di andarsene Saimir, mentre scappa via da se stesso in sella al suo motorino, sogna di innamorarsi, di condurre una vita normale. E sogna suo padre, che la sera conta i risparmi, pensando a un altro matrimonio, a un altro lavoro, a un’altra vita. L’opera prima di Francesco Munzi arriva dopo una solida esperienza documentaristica concentrata sulle strazianti problematiche degli stranieri in Italia, sulle nuove, tragiche coordinate di un’immigrazione che paga ogni giorno pesantissimi dazi. Il suo linguaggio e il suo sguardo sono debitori soprattutto al cinema dei fratelli Dardenne (in special modo, La promessa) e le radici affondano nell’immaginario pasoliniano di Ragazzi di vita, Una vita violenta e Accattone. Una scelta di campo dunque che impone uno stile essenziale, che fa parlare i corpi, le sfumature, i silenzi, e che ribalta in tragedia la gioiosa passeggiata in Vespa del Moretti di Caro diario.
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