Regia di Francesco Munzi vedi scheda film
Piatta cronaca della quotidianità di un giovane immigrato albanese che, essendo immerso fino al collo in un ambiente malavitoso della peggior specie, è animato da un legittimo desiderio di affrancamento e di riscatto. Un'opera artisticamente irrilevante, e di scarso interesse rispetto ai contenuti: il film si risolve in una ricca carrellata su quello che i telegiornali ci presentano come il tipico repertorio criminale dei cosiddetti extracomunitari, con un finale più che scontato, ampiamente preannunciato fin dall'inizio. In questo modo, "Saimir" fa cilecca anche sotto il profilo dell'impegno sociale: dopo aver incosciamente, ma dettagliatamente, contribuito ad avvalorare i più diffusi pregiudizi, Munzi cerca di smentirli, con il pietoso argomento della "mosca bianca". Ne risulta un quadro desolante delle comunità straniere in Italia: davvero il coraggio e la coscienza sono un'eccezione? Un film che si adagia pericolosamente sui cliché, e, per contro, preferisce non esporsi neanché un po' sul piano dell'elaborazione drammatica. Un perfetto buco nell'acqua. Proprio non ci siamo.
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