Regia di Woody Allen vedi scheda film
Una donna di cinquant'anni compie un doloroso ma proficuo bilancio esistenziale.
Proprio bella questa che è sostanzialmente l'analisi della vita privata di una cinquantenne di successo, la cui esistenza è apparentemente ordinata e standardizzata, ma che in realtà nasconde tante ombre e sofferenze. Allen - qui nei suoi anni migliori - seziona la protagonista e i personaggi di contorno come col bisturi, e ce ne fa vedere il carattere e i sentimenti. In generale, si parte dal ritratto esteriore dove sembra tutto buono e tranquillo, per poi scoprire a poco a poco le colpe, le ipocrisie, gli autoinganni e le meschinità di ciascuno.
Origliando le sedute dallo psicanalista di una sconosciuta, la protagonista compie un parallelo viaggio nella sua vita e nel suo passato: riordina, riconsidera, riflette, capisce. Se prima viveva per forza d'inerzia e, tutta dedita al lavoro, pensava poco alla sua vita e al suo cuore, ella recupera gradualmente il contatto con se stessa, soprattutto ammettendo i propri errori. Non manca uno sguardo più profondo anche su suo marito, il quale, molto più di lei, vive fuori da se stesso indossando una maschera di rispettabilità e di bontà. Tuttavia entrambi sono al loro secondo matrimonio, e non manca loro quindi un passato ingombrante. Ma è lo spettatore stesso a vedere chiaramente nei personaggi, grazie ad una scrittura e ad una recitazione entrambe di alto livello.
La fotografia e opportunamente scura e pastello: colori vivi e ambienti luminosi sarebbero stati in contrasto con la malinconia e la tristezza che presiedono a questo bilancio esistenziale. Va anche detto, tuttavia, che il percorso di presa di coscienza porta i suoi frutti, e un po' di serenità; il film può essere quindi definito moderatamente ottimista.
Allen riprende lo stile di Bergman, è vero, ma lo fa con grande intelligenza e facendolo proprio, sicché non sembra mai una scopiazzatura esteriore. Molto suggestive, a questo proposito, ho trovato le sequenze iniziali dove la macchina da presa passa in rassegna le foto ricordo sui mobili di casa. Ma la scena più bella è quella della ex-moglie che piomba in casa nel bel mezzo di una festa e fa una scenata davanti a tutti, dicendo cose che distruggono in un attimo la maschera di ipocrisia del suo ex-marito.
Il titolo è giocato sul doppio senso dell'altra donna che va dallo psicanalista, e quello dell'altra donna che diventa alla fine la protagonista.
La Rowlands è la solita brava attrice, e anche Gene Hackmann è come sempre ottimo. Ian Holm è un efficace sepolcro imbiancato, ma per me lui resterà sempre l'inquietante robot del primo "Alien". Faccio fatica a scrollarmelo di dosso come era in quel ruolo.
In generale: grande recitazione, grandi dialoghi, grandi regia e fotografia. Di difetti non ne ho visti.
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