Regia di Woody Allen vedi scheda film
Un film magico. Anche grazie alla colonna sonora (soprattutto Bach), al montaggio e all’ autunnale New York splendidamente fotografata dal bergmaniano Sven Nykvist - a conferma del terzo omaggio al grande regista - dopo ‘Interiors’ e ‘Settembre’. Ma stavolta l’allievo ha superato il maestro...
“Un ricordo è una cosa che possiedi o è una cosa che hai perduto?”
Denso e intenso, profondo, senza compiacimenti. Tra i 44 lavori di Woody Allen - uno dei pochi registi che ha diretto ottimi film sia comici che drammatici - questo è uno dei migliori.
Marion (la carismatica, bravissima ma poco sfruttata, Gena Rowlands), vive a New York, ha compiuto cinquanta anni, è sposata, non proprio felicemente, con un cardiologo famoso (l’eccellente Ian Holm) ed è la direttrice della facoltà di filosofia ora in aspettativa per poter scrivere un libro. Nell’ appartamento affittato per lavorare in tranquillità, attraverso una griglia moderna ‘Sibilla’, sente delle voci che provengono dallo studio vicino dove esercita uno psichiatra. Prima ne è infastidita ma poi ascolta con sempre maggiore interesse.
Conosce così la storia di ‘un’altra donna’ di nome Hope (che vuol dire speranza ed è anche il titolo di un famoso quadro di Klimt), una giovane incinta (la brava Mia Farrow gravida di Allen) in analisi per le sue tendenze suicide dopo aver compiuto scelte ritenute sbagliate.
Allora Marion si ritrova a riflettere sulla propria vita apparentemente senza problemi e attraverso l’uso del flash-back emergono i fantasmi dal passato: ripensa a quando era incinta del primo marito (suo professore che morì suicida qualche anno dopo il divorzio) ma per non avere ostacoli alla carriera, e senza chiedere parere ad alcuno, abortì e poi non ha avuto più figli; e ripensa anche ad uno scrittore squattrinato (Gene Hackman) che poco prima del suo secondo matrimonio si dichiarò perdutamente innamorato (scena molto bella) se avesse scelto lui ora sarebbe più felice? E "un ricordo è una cosa che possiedi o è una cosa che hai perduto?"
Poi sogna il padre (ancora vivo) che si pente di essere stato troppo severo e assente con i figli, un sogno più reale della realtà... che invece sfugge.
Dialogando di volta in volta con il fratello, la cognata e un’amica, Marion capisce che tutti hanno un’idea di lei negativa, addirittura la odiano... ma lei si crede ‘un’altra donna’, diversa da come gli altri la vedono e ciò la sconvolge, forse ha commesso sbagli con tutti? Sicuramente ha alzato dei muri con loro ed ora è una donna di successo ma triste!
Anche Hope quando conosce Marion ha sùbito una chiara impressione negativa di lei; magari non sa cosa vuole dalla vita ma ha capito come non vuole diventare e ora può anche smetterla con le sedute analitiche.
Infine scopre anche perché il marito è freddo con lei... ha ‘un’altra donna’. Decide così di lasciarlo, di riallacciare e migliorare il rapporto col fratello e ritrovata l’ispirazione finisce di scrivere il libro.
Un film magico. Anche grazie alla colonna sonora (soprattutto Bach), al montaggio e all’ autunnale New York splendidamente fotografata dal bergmaniano Sven Nykvist - a conferma del terzo omaggio al grande regista - dopo ‘Interiors’ e ‘Settembre’. Ma stavolta l’allievo ha superato il maestro... ad un certo punto ho pure immaginato che i volti di Gena Rowlands e di Mia Farrow si sovrapponessero come accade a quelli di Bibi Andersson e di Liv Ullmann in ‘Persona’.
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