Regia di Jackie Chan vedi scheda film
Police story è il testamento di un certo cinema (qui action) che arrivava da quell’oriente dove, sin da quando ero piccolo, ho sempre sentito tra chiacchiericcio vario con parenti o amici, fuori dai cinema o nelle videoteche dell’epoca, nelle riviste o dagli esperti della settima arte, si facevano cose pazzesche. Di altro livello. Fuori dal mondo.
Cominciai a vedere Bruce Lee e da lì kung fu, gongfu, wuxia, ecc.ecc. rendendomi conto coi miei occhi che quei chiacchiericci erano reali: un altro mondo davvero! Si rimaneva con la mascella aperta negli anni sessanta, settanta per arrivare agli ottanta, con Jackie Chan che girava (dopo vari kung fu movie notevoli) action polizieschi a rischio della vita, con azioni estreme e fuori di testa. Ed in effetti si rimane con la mascella aperta ancora oggi. La CG non esisteva, gli effetti speciali nei suoi film erano gli uomini, gli stunt, con acrobazie che sfidavano la gravità, portando al massimo l’elasticità dell’uomo, combattendo a velocità avanzata eseguendo movimenti millimetrici e precisi come una danza. Intorno a tutto questo è tessuta una trama che non sa di nuovo ma che Jackie (scrittore regista e attore) dona spessore ed intensità col personaggio in un crescendo di emozioni via via che la trama prosegue. Lo slapstick si affievolisce, la commedia scompare, la rabbia cresce. Parte finale devastante. Uno dei punti più alti di Jackie Chan, della sua estetica, della sua follia, del suo intendere cinema. E’ sempre stato un grandissimo artista di primo livello ed è un peccato che buona parte della gente lo conosca solo per i suoi filmetti americani. Lì, in America, ha trovato il successo mondiale, film, cartoni, fumetti e tanto altro ma la sua forza, la sua inventiva, la sua furia, è spumata. Un film copiato da molti. Seminale.
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