Regia di Ted Kotcheff vedi scheda film
Dieci anni dopo la fine della guerra in Vietnam un colonnello americano, stanco dell’attendismo dei politici, mette insieme un commando per liberare il figlio, che si trova ancora in un campo prigionieri in Laos. Il nuovo clima reaganiano impone un revisionismo sulla sporca guerra, alla ricerca di rivincite almeno parziali, e Kotcheff esegue (Milius coproduce, ma a giudicare da certi dialoghi deve averci messo più di uno zampino). Prima con Rambo e poi con questo film, il messaggio arriva forte e chiaro: oltre alla sconfitta sul campo, ai nostri eroi è toccato subire l’ingratitudine e l’oblio dei connazionali rimasti in patria, che in un paese votato al culto del successo li hanno bollati come qualcosa di cui vergognarsi. Certo, l’applicazione pratica è discutibile: si ammazza la gente in quantità industriale, ben oltre i limiti del ragionevole, e non si guarda tanto per il sottile se bisogna comprare armi da un narcotrafficante thailandese. Stucchevole la prima parte, con il reclutamento dei membri (ognuno con una sua specialità) e il relativo addestramento, durante il quale si sforzano di fare i simpatici. Dignitosa la parte d’azione, che almeno ha il coraggio di negarsi il lieto fine atteso da tutti.
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