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The Terrorizers

Regia di Edward Yang vedi scheda film

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La recensione su The Terrorizers

di alan smithee
8 stelle

locandina

The Terrorizers (1986): locandina

MUBI

Nella Taipei di fine anni ’80, quando il boom economico lasciava trasparire una possibilità di scalare il successo con una semplice intuizione dai risvolti economici immediato e senza limiti, le vite di quattro persone si intrecciano in modo convulso ed apparentemente senza un nesso una con l'altra, tra la giungla di cemento che segna i contorni metropolitani e pone un freno ad una vegetazione altrimenti senza freno.

Una scrittrice trova un successo inaspettato con la pubblicazione del suo ultimo romanzo. 

Suo marito, medico ambizioso ed arrivista, vive nell'attesa di una promozione che, tuttavia, all'ultimo momento gli scappa via quando si vede preferire un collega rivale. 

Intanto una ragazzina fa da esca per una spregiudicata banda di malviventi fingendosi giovane prostituta ed addescando clienti facoltosi per poi ricattarli. 

Film Review: The Terrorizers (1986) by Edward Yang

Un giovane fotografo si ritrova a documentare gli orrori che derivano da una retata della polizia ai danni di una banda di trafficanti.

In comune solo una metropoli grigia in fermento economico, in cui le vite sono abbandonate a se stesse e la solitudine regna incontrastata, alimentata da quell'arrivismo che pare essere la sola linfa preziosa in grado di dare un senso ad esistenze altrimenti imprigionate entro barriere di cemento asettico.

Al suo terzo lungometraggio, che al Festival di Locarno del 1987 gli valse il premio del pardo D'Argento, Edward Yang conferma di essere una delle firme di riferimento della new wave taiwanese di quegli anni, dando vita ad un film incentrato sui sentimenti negativi che il capitalismo sfrenato incoraggia e dissemina tra una umanità altrimenti priva di valori e di sentimenti che non siano legati alla ricerca di mero arricchimento. 

The Terrorizers (1986)

Ancora una volta la tematica dominante è quella della solitudine e del senso di impotenza che domina tra esseri umani resi succubi ognuno di un progetto di vita che considera la realizzazione solo in termini di materialità e ottenimento degli obiettivi economici e professionali del singolo.

Tematiche che inevitabilmente rimandano al cinema dell'incomunicabilità di Antonioni, autore amato dal regista, e che si estrinseca in storie drammatiche ove la violenza efferata finisce per dare soluzioni definitive spesso, o immaginarie in un finale in cui non tutto ciò che viene rappresentato accade realmente.

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