La recensione su City on Fire

City on Fire (1987): locandina

FEFF 21 – UDINE: TRIBUTO A RINGO LAM

Una rapina ad una gioielleria che finisce nel sangue; un tenace poliziotto esperto a lavorare sotto copertura (Chow Yun-fat), e Tiger (Danny Lee), un boss esperto e tosto, con un meritato posto ai vertici della banda di ladri che sta studiando le mosse per attuare il colpo.

Mentre la polizia ai vertici manda in azione la sua talpa, le indagini di routine passano in mano ad un giovane audace ma sin troppo istintivo poliziotto, intento a puntare ad ogni costo al risultato finale, costi quel che costi. All'interno della band, la nostra spia familiarizza e diviene amico leale di Tiger, ricambiato, pur sapendo che quel rapporto non potrà che finire male, sulla scorta di quanto già successo in passato durante una precedente rischiosissima missione finita nel sangue.

Il giorno della rapina il sangue scorrerà a fiumi, attraverso inseguimenti e sparatorie che tributeranno la sconfitta di ognuna delle parti coinvolte in quella violenta disputa tramutatasi in un massacro.

Visto con gli occhi dell'epoca in cui fu concepito, il 1987, City on fire, col suo incedere tergiversante e discorsivo che procede tra scaramucce e diverbi verbali infiniti, prima di un epilogo ancora oggi indubbiamente impareggiabile e fantastico, tende a asciarsi sminuire, soprattutto a causa dell'occhio viziato dalle mirabolanti scene di action che ci hanno accompagnato in questo ultimo trentennio di progressi tecnologici straordinari ovunque, e non meno in campo cinematografico.

Poi certo gli ultimi venti minuti finali, quelli di una resa dei conti che piega ognuno dei personaggi coinvolti, vittime tutti di un destino insanguinato e violento senza possibilità di soluzione, il film del compianto e tenace Ringo Lam, portavoce dell'action più pura ed ispirata made in H.K., recentemente scomparso, si gioca al meglio tutte le sue carte, risultando epocale e meraviglioso.

A partire dalla tecnica fantasmagorica (fatta di scontri realmente concepiti e studiati e messi a punto in profondità, e non di trucchi esplicitati da una virtualità all'epoca ancora impensabile ed avveniristica) con cui vengono concepite tutte le scene del lungo inseguimento, della sparatoria, della contesa fisico-psicologica tra i protagonisti, armi in pugno spianate l'uno contro l'altro a formare una catena di morte annunciata ed imminente. Una scena epocale, che rimarrà ben impressa e farà la fortuna del Tarantino più acuto e citazionista, in occasione del suo meraviglioso debutto con Le iene, che sceglierà, a differenza del film di Lam – in cui il clou del film è proprio concentrato sullo svolgimento della brutale rapina/bagno di sangue - di rinunciare alla descrizione della rapina finita nel sangue, per privilegiare l'intima e perversa descrizione del suo sanguinoso epilogo tra i sopravvissuti in fuga, cani arrabbiati protesi a sbranarsi anziché trovare il modo più opportuno per salvarsi da una situazione ormai quasi completamente compromessa.