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Ritratto di borghesia in nero

Regia di Tonino Cervi vedi scheda film

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La recensione su Ritratto di borghesia in nero

di mm40
2 stelle

Una banalità via l'altra per questo romanzo di Roger Peyrefitte trasportato senza verve alcuna su pellicola da Tonino (figlio di Gino, padre di Valentina) Cervi; lo spettro di Luchino Visconti è inoltre ripetutamente invocato a squarciagola - ma del tutto invano - dalle pretenziose scenografie (Luigi Scaccianoce), dalle sontuose musiche (Vincenzo Tempera), dai forbiti dialoghi e dagli intrecci morbosi a base di sesso, sadismo, dominazione psicologica (sceneggiatura del regista e di Cesare Frugoni con la collaborazione nientemeno che di Goffredo Parise). Tutto suona così finto e artificioso da amplificare perfino la sensazione di pretestuosità che proviene dagli strillati richiami a Venezia, all'omosessualità, alle figure efebiche (Morte a Venezia), alla decadenza dei valori e alle miserie familiari (Il gattopardo, La caduta degli dei, Gruppo di famiglia in un interno, da cui questo lavoro pressochè plagia il titolo); Cervi non solo non è Visconti, ma il testo su cui lavora non è sicuramente all'altezza della letteratura prediletta dal regista milanese (Proust, Mann, Camus: chi erano costoro?). Il ritratto della borghesia in nero offertoci da questa pellicola è onesto ed elegante quanto basta - oltre ai collaboratori tecnici già citati vanno nominati Armando Nannuzzi alla fotografia e Nino Baragli al montaggio -, ma purtroppo inconsistente già nelle sue fondamenta e minato per di più da qualche difettuccio di troppo (la recitazione traballante di Borromeo e della Muti, la prolissa parte centrale in cui non accade praticamente nulla per mezzora circa). Negli anni '70 il regista fu piuttosto attivo ed ebbe quasi sempre mire alte per i suoi lavori, senza riuscire però a raggiungerle mai pienamente; questo è il suo quinto film e può comunque vantare fra gli interpreti Senta Berger, Paolo Bonacelli, Capucine, Mattia Sbragia, Giuliana Calandra e, nel finale, anche una comparsata di Eros Pagni. Il sottotesto di denuncia sociale (i potenti la fanno sempre franca, anche nel torto marcio) è più pallido e innocuo di una barzelletta del Cucciolone. 3/10.

Sulla trama

Venezia, anni '30. Un promettente studente di conservatorio diventa l'amante della giovane madre di un amico; la relazione è però buscamente interrotta quando il ragazzo si innamora di una sua coetanea. Fra quest'ultima e la donna scoppia una tremenda rivalità, destinata a sfociare in tragedia.

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