Regia di Roy William Neill vedi scheda film
Concepito quasi per scherzo (ovvero mentre lo screen writer Siodmak si gingillava parlando di un bizzarro sequel con il regista Waggner) “Frankenstein Meets the Wolf Man” fu effettivamente la prima pellicola in cui interagivano (e si affrontavano) dei famosi mostri della Universal. Naturalmente abbiamo di nuovo Lon Chaney Jr. nei panni di Larry Talbot (l’uomo lupo) e Bela Lugosi in quelli, inediti, di Frankenstein, sebbene l’interprete ungherese compaia concretamente solo nei campi ravvicinati; data l’età avanzata, i frammenti con gli scontri vennero affidati alle esibizioni di stuntman professionisti. Il plot invece è stato strutturato in due atti pressoché uguali nella lunghezza ma dalle ambientazioni differenti: il segmento in ospedale dove Talbot viene ricoverato in seguito a uno strano incidente e il trasferimento nell’Europa dell’Est in cui lo stesso si mette sulle tracce della baronessa Elsa Frankenstein (la seducente Ilona Massey), incappando oltretutto con “la Creatura”, e col Dr. Mannering (Patric Knowles), forse l’unica persona in grado di liberarlo dalla maledizione. Il film ha un climax discretamente gestito da Roy William Neill e dei set dall’illuminazione “atmosferica” che esalta le location gotiche. Il cast è analogamente ben assortito. Chaney Jr. esterna un talento drammatico che strappa il plauso in diverse occasioni; atletico e selvaggio, riesce di sicuro a trasmettere persuasivamente la disperazione di una bestia che vuole liberarsi dall’immortalità. Brava anche la Massey come aristocratica fredda e distaccata, benché intelligente e affascinante. Folto lo stuolo di caratteristi, di cui spiccano la folcloristica zingara Maleva (ancora Maria Ouspenskaya!) e il cinico proprietario della taverna (lo sconosciuto Rex Evans). A Lugosi avrebbero potuto concedere una partecipazione scenica maggiore; nonostante non fosse esattamente contento di una maschera non ideale per lui, rimane in ogni caso una presenza dignitosa. La trama però ha dei buchi piuttosto visibili; fra l'altro non viene chiarita in modo esaustivo la logica (fantasy) attinente al trasferimento della “forza vitale” tra questi esseri raccapriccianti nell’esperimento scientifico finale. Chi vuole assistere da subito alle botte da orbi deve avere un po’ di pazienza. In definitiva, in un periodo ove il pubblico non si suggestionava più dagli orrori sul grande schermo a causa di quello che succedeva nella realtà, il lungometraggio era una variante grottesca abbastanza divertente del filone. Recentemente la rivista britannica “Scream” l’ha pure vagliato quale uno dei capitoli preferiti dai fan della saga.
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